Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data del 3 Agosto.
Accadde che:
1492 (529 anni fa): alle sei del mattino, Cristoforo Colombo salpa dal porto di Palos de la Frontera in Spagna. Colombo partì per il suo primo viaggio, verso quello che divenne noto come il Nuovo Mondo. Prima di salpare furono imbarcati viveri per un anno e mercanzia da scambiare con eventuali indigeni. Le caravelle navigarono per un mese senza che i marinai riuscissero a scorgere alcuna terra. Durante quei giorni Colombo stesso osservò con stupore, che le bussole indicavano il polo magnetico distaccandosi sempre di più dal nord geografico, allontanando le navi dalla corretta via, ma riuscì a superare tale ostacolo. Col trascorrere dei giorni la tensione a bordo delle caravelle cresceva. Il 6 agosto 1492 si ruppe il timone della Pinta e si credette ad un’opera di sabotaggio, poi venne riparato, ma il giorno seguente un altro incidente costrinse le navi a trovare riparo per le riparazioni. La flotta fece, dunque, scalo di circa un mese a La Gomera per rifornimenti e modifiche alla velatura. Il 7 ottobre 1492 dalla Niña ci fu un falso allarme, un marinaio affermò di aver visto terra in lontananza, come qualche giorno prima aveva fatto un altro; in entrambi i casi si trattava di miraggi. Colombo decise di virare verso sud-ovest, avendo visto alcuni uccelli dirigersi verso quella direzione. Il 10 ottobre 1492, i marinai, che stanchi del lungo viaggio volevano tornare indietro, si lamentarono con il comandante, che riuscì a calmarli e ottenne un accordo: se entro tre o quattro giorni le vedette non avessero scorto alcuna terra, le caravelle sarebbero tornate indietro o si sarebbe deciso diversamente, ma la mattina presto del 12 ottobre 1492, un membro dell’equipaggio individuò la terra. Alla luce del giorno, Colombo scese a terra e piantò la bandiera dei suoi finanziatori, il re Ferdinando e la regina Isabella di Spagna, sull’isola bahamiana di Guanahaní.
1778 (243 anni fa): avviene l’inaugurazione del Teatro alla Scala, con “L’Europa riconosciuta” di Antonio Salieri, alla presenza del governatore di Milano, l’arciduca Ferdinando d’Asburgo-Este, di Maria Beatrice d’Este, del conte Carlo Giuseppe di Firmian e del duca Francesco III d’Este. A volere la costruzione del teatro furono 90 famiglie ricche di Milano, dopo l’incendio che nel 1776 aveva danneggiato il precedente teatro. A disegnare il progetto, l’architetto neoclassico Giuseppe Piermarini, approvato dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria. A partire dall’anno di fondazione è sede dell’omonimo coro, dell’orchestra e del corpo di Ballo. Il teatro non era all’epoca soltanto un luogo di spettacolo: i palchi venivano usati dai proprietari per ricevervi degli invitati, mangiare, gestire la propria vita sociale e anche per giocare d’azzardo. Fin dal 1788, era infatti severamente proibito giocare in città, con l’unica eccezione dei teatri in tempo di spettacolo. Sul palco e in platea si svolgevano riunioni mondane, danze, spettacoli leggeri e anche chiassose feste, con la presenza di botteghe e di un ristorante. Era, insomma, un centro cittadino aperto, anche se quasi esclusivamente destinato all’aristocrazia e alla borghesi. Con la costituzione della Repubblica Cisalpina vennero tolti tutti gli stemmi nobiliari dai palchi e con l’arrivo di Napoleone fu abolito il palco reale. Nel 1807 il teatro viene rinnovato con decorazioni sulla volta e i palchi: medaglioni, leoni alati, suonatori di flauto che si affacciano sui saloni ancora oggi. Nel 1813 viene allargato il palcoscenico a spese di alcuni edifici demoliti nell’attuale via Verdi. La storia della Scala è come quella di un “Grande organismo”, un grande organismo che è frutto della collaborazione di molti individui. Ma, mentre gli individui muoiono, lui continua nel tempo. Oggi è considerato tra i più prestigiosi teatri al mondo, dove si sono esibiti i più grandi cantanti come Maria Callas, Renata Tebaldi e Luciano Pavarotti.
Nato oggi:
1814 (207 anni fa): nasce a Santo Onofrio (Vibo Valentia) Stanislao D’Aloe erudito e letterato. Studiò nel Seminario di Mileto prima e nell’università di Napoli poi. Le numerose pubblicazioni, tra cui il “Tesoro lapidario di Napoli” e “Guida dei quadri della reale pinacoteca borbonica”, gli valsero la nomina a segretario generale del Museo Borbonico e a ispettore dei monumenti del Regno. Per il VII° Congresso Scientifico degli Italiani, che si svolse a Napoli nel 1845, ricevette l’incarico di redigere i capitoli relativi alle chiese di Napoli. Si dedicò così anche alla programmazione di interventi di tutela, entrando in polemica con restauratori improvvisati e con i proprietari delle opere d’arte mal custodite, con l’immobilismo e la negligenza delle autorità competenti, scontrandosi già all’epoca con i problemi dovuti all’esiguità delle risorse a disposizione. Molte delle sue opere furono pubblicate in francese come: “Guide pour la precieuse collection des tableaux de Son Altesse Royale” e “Les peintures de Giotto de l’eglise de l’Incoronata a Naples “, numerosissime sono poi gli articoli e pubblicazioni di storia e critica d’arte. Si ricorda tra l’altro la collaborazione agli Annali civili del Regno delle Due Sicilie. La sua curiosità lo portò anche ad occuparsi di altri argomenti, come ne “Il cacciatore medico”, un trattato completo sulle malattie dei cani. Profondamente cattolico e fedele ai Borbone, pagò col carcere, in S. Francesco di Napoli, la scelta di non ossequiare i nuovi governanti. Ricevette numerosissime onorificenze napoletane e straniere. Muore a Napoli il 20 gennaio 1888. Particolarmente legato alle sue origini e alla sua terra natale, tanto che ogni anno vi ritornava per il pellegrinaggio, in compagnia della famiglia, a S. Onofrio, dove oggi la scuola media ne ricorda la memoria attraverso il nome.