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Strage di Marcinelle: gli italiani che persero la vita nella tragedia mineraria

L’Agorà ricorda il 68° anniversario della strage della miniera di carbon fossile a Bois du Cazier, nell’allora comune di Marcinelle in Belgio. Sono 262 persone, tra cui 136 gli immigrati italiani che hanno perso la vita

“Nel 68° anniversario della strage di Marcinelle” questo è il titolo della conversazione organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà”. Nel corso della giornata di studi, organizzata dal sodalizio reggino, saranno oggetto di analisi diverse cifre, relative agli eventi che si svolsero nella cittadina belga. Il nuovo incontro, predisposto dal sodalizio culturale, ha visto in qualità di relatore Gianni Aiello, Presidente del sodalizio. 

Nel corso della giornata sono state oggetto di analisi diversi racconti relativi alla tragedia che si verificò nella mattinata di mercoledì 8 agosto 1956, a Bois du Cazier, miniera di carbon fossile, nel territorio dell’allora comune di Marcinelle, vicino Charleroi, in Belgio. Il Bois du Cazier fu la prima miniera in Vallonia, aperta nei primi decenni dell’Ottocento. Aveva strutture a dir poco antiquate. Avrebbe dovuto essere chiusa ma il prezzo internazionale del carbone dopo il 1945 permetteva a questa miniera di rimanere attiva. Il 23 giugno 1946 fu firmato il Protocollo tra Italia e Belgio che prevedeva l’invio di 50.000 lavoratori in cambio di carbone. Nacquero così ampi flussi migratori verso il paese, uno dei quali, forse il più importante, fu quello degli italiani verso le miniere belghe. Nel 1956, fra i 142 000 minatori impiegati, 63 000 erano stranieri e fra questi 44.000 erano italiani. Tra il 1946 e il 1956 più di 140 mila italiani varcarono le Alpi per andare a lavorare nelle miniere di carbone della Vallonia. Era il prezzo dell’accordo quello fra i due stati che prevedeva un gigantesco baratto: l’Italia doveva inviare in Belgio 2mila uomini a settimana e, in cambio dell’afflusso di braccia, Bruxelles si impegnava a fornire a Roma 200 chilogrammi di carbone al giorno per ogni minatore. Il boom economico del dopoguerra aveva lasciato il Belgio con un bisogno disperato di manodopera e un accordo con il governo italiano aveva creato un corridoio preferenziale per l’arrivo di 50mila lavoratori. Il 23 giugno del 1946 viene siglato a Roma dal Primo Ministro De Gasperi e dal suo omologo Van Acker, il Protocollo italo-belga per il trasferimento di 50.000 minatori italiani.

In cambio di forza lavoro il governo belga s’impegna a vendere mensilmente all’Italia un minimo di 2.500 tonnellate di carbone ogni 1.000 minatori immigrati. La mano d’opera non deve avere più di 35 anni e gli invii riguardano 2.000 persone per settimana. Il contratto prevede 5 anni di miniera, con l’obbligo tassativo e pena l’arresto, di farne almeno uno. Fra il 1946 e il 1957 in Belgio arrivano migliaia di lavoratori italiani completamente ignari di quello che li attende. Nei comuni italiani iniziano a comparire manifesti che informano della possibilità di lavoro. Per convincere le persone a emigrare vengono avviate in Italia diverse campagne pubblicitarie che presentano i vantaggi del trasferimento: pensionamento anticipato, carbone e viaggio in ferrovia gratuiti, buono stipendio, assegni familiari, ma per quanto riguarda le mansioni effettive si dice molto poco.  Del resto le pattuizioni tra i due governi sono dettagliate e minuziose in merito al reclutamento e allo spostamento dei lavoratori, ma poco o nulla viene scritto relativamente alle loro mansioni effettive, ai loro diritti, alla loro salute, alla loro sicurezza.

Le condizioni di lavoro risultano essere terribili. Mancano le più elementari norme di sicurezza. Ma all’ombra dei trattati si aprirà il dramma di migliaia di lavoratori, che si troveranno ad affrontare durissime condizioni di vita e di lavoro, che susciteranno vane critiche dello stesso governo De Gasperi e saliranno drammaticamente alla ribalta alcuni anni dopo la sua morte, quando un incendio scoppiato nella miniera del Bois du Cazier di Marcinelle perderanno la vita 262 persone, tra cui ben 136 immigrati italiani. Metà erano abruzzesi, e buona parte erano calabresi provenienti da Reggio Calabria, Cosenza, e da altre aree della regione. Quattro i calabresi morti nello spaventoso incendio di cui 3 reggini. Queste alcune delle cifre che saranno oggetto di analisi da parte di Gianni Aiello, Presidente del Circolo Culturale “L’Agorà”. La conversazione, organizzata dal sodalizio culturale reggino, sarà disponibile, sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete da giovedì 8 agosto.

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