Rocco Femia, ex sindaco di Marina di Gioiosa, assolto dall’accusa di associazione mafiosa dopo una custodia cautelare lunga 5 anni e 10 giorni, è rimasto senza lavoro per quasi due anni dopo la scarcerazione.
Non erano bastati i processi ingiusti per mafia e per abuso d’ufficio aggravato, chiusi con l’assoluzione perché il fatto non sussisteva. Né quello per turbata libertà degli incanti, conclusosi con una condanna di sei mesi per la piantumazione di alcune palme, ma senza aggravante mafiosa.
A Rocco Femia è toccato anche un processo del lavoro per opporsi all’ingiusta sospensione stabilita dall’Ufficio scolastico regionale, che lo aveva sospeso dal ruolo di insegnante di educazione fisica nonostante l’assoluzione, costringendolo a svolgere mansioni diverse lontano dalla sede di lavoro precedente all’arresto. Il Tribunale di Locri ha ora stabilito, dopo due anni, che la sospensione è stata ingiusta, ordinando il pagamento del periodo in cui Femia è rimasto ingiustamente a casa.
«Ho dovuto affrontare tre processi. Un accanimento incredibile. Ma alla fine ce l’ho fatta, ancora una volta», dice Femia al Dubbio.
L’ufficio scolastico aveva applicato erroneamente una legge non in vigore al momento dei fatti contestati a Femia. Secondo la norma, la sospensione è inflitta per atti di particolare gravità puniti con pena detentiva non inferiore a tre anni, mentre al tempo dei fatti il reato prevedeva un massimo di due anni.
Femia, assistito dagli avvocati Santo Fortunato Barillà e Lorenzo Micari, ha ottenuto il diritto alla restituzione delle somme decurtate durante la sospensione cautelare, che in totale è durata 6 anni, 10 mesi e 25 giorni, di cui 5 anni e 10 giorni in carcere. L’amministrazione scolastica dovrà ora sborsare il dovuto, essendo la sospensione illegittima, e ricostruire la posizione contributiva di Femia.
L’ennesima vittoria dell’ex sindaco nelle aule di giustizia. E, si spera, l’ultima necessaria.