Un’esperienza di sviluppo locale che coinvolga giovani disoccupati del territorio, ex detenuti e migranti in percorsi di inclusione lavorativa, ma soprattutto in percorsi di dignità, di riscatto, di uguaglianza e di giustizia sociale.
Un’esperienza di sviluppo locale che coinvolga giovani disoccupati del territorio, ex detenuti e migranti in percorsi di inclusione lavorativa, ma soprattutto in percorsi di dignità, di riscatto, di uguaglianza e di giustizia sociale. Su questo proposito fu fondata, circa quattro anni fa a Gioiosa Ionica, la cooperativa sociale Riconciliazione – Nelson Mandela di cui è presidente Maurizio Zavaglia. In un territorio difficile come la Locride, apparentemente senza una prospettiva, senza speranza, un gruppo di dodici persone, lavoratori dipendenti, la maggior parte dei quali sono anche soci, affronta ogni giorno con coraggio e passione la sfida del cambiamento che è, in fondo, una sfida di umanità. La cooperativa opera nel settore dell’agricoltura e del turismo esperienziale e sociale, «due ambiti che riteniamo non pienamente valorizzati finora -ci dice il presidente- ma di cui la nostra terra dimostra enormi potenzialità. L’agroalimentare, la valorizzazione delle nostre tipicità, la promozione del turismo esperienziale possono dare forma ad un circolo virtuoso di economia sociale e circolare in grado di imprimere una svolta alle nostre comunità, flagellate ancora oggi dall’emigrazione, soprattutto dei più giovani. In tanti anni di relazioni e di presenza sui territori abbiamo costruito una rete nazionale ed internazionale che ci permette di portare direttamente sulle tavole dei consumatori le nostre produzioni locali, dagli agrumi all’olio passando per gli ortaggi». L’idea di accoglienza ed inclusione praticata dalla cooperativa Nelson Mandela si rifà al modello Riace di Mimmo Lucano, «un faro, un esempio, una guida» lo definisce Zavaglia, e si sviluppa sulla consapevolezza che dai percorsi di ospitalità per i migranti spesso manca un anello fondamentale, «il progetto di vita delle persone». Nel Mezzogiorno d’Italia gli sbarchi sono legati perlopiù alla nostra posizione geografica e nelle prospettive di chi arriva ci sono altre destinazioni, ottenuti i famosi documenti i migranti puntano ad andar via, «il nostro obiettivo è costruire insieme a loro un percorso di inclusione lavorativa fuori da logiche di sfruttamento e caporalato, offrendo assistenza su ogni fronte; dalle questioni sanitarie a quelle legate all’individuazione degli alloggi o all’assistenza legale e giuridica per i documenti. Lo facciamo senza fondi pubblici, ma sostenendoci con le nostre attività economiche ed imprenditoriali. Nel corso degli anni si sono aggiunti anche ex detenuti, siamo in terra di ndrangheta e tirar fuori anche una sola persona dai circuiti malavitosi per noi è un grande risultato». La cooperativa opera nel tessuto sociale di Gioiosa Ionica, una comunità vivace con un tessuto sociale molto solido, e collabora sia con la Consulta delle associazioni che con l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Salvatore Fuda, «intraprendente e lungimirante» la definisce il presidente. Proprio qui è in fase di avvio una nuova iniziativa che riguarderà le povertà educative e il mondo della scuola. «In partenariato con l’Istituto comprensivo Gioiosa-Grotteria siamo polo locale di un progetto nazionale coordinato dal MOVI – Movimento volontariato italiano. In 14 ambiti territoriali, dal nord al sud del Paese, sperimenteremo e consolideremo un’esperienza presente in alcune città italiane che si chiama scuole aperte. L’attività consiste nel favorire dinamiche di coinvolgimento alla vita scolastica di tutte le componenti educative, dai genitori all’ente locale, alla scuola stessa, ma anche esperienze di aggregazione, formative, culturali, di sensibilizzazione, di approfondimento che vanno nella direzione dell’utilizzo delle strutture scolastiche in orari extra scolastici. Uno stimolo alla partecipazione, al coinvolgimento, alla costruzione di reti, alla responsabilità, all’impegno, forme di cittadinanza attiva utili a costruire ed a rafforzare il concetto di bene comune nella popolazione. Una bella sfida per noi». Nelson Mandela, attraverso il cui nome la cooperativa porta memoria, ebbe la grande forza di tendere la mano della riconciliazione, del superamento delle contrapposizioni, della ripartenza in una convivenza pacifica, pur avendo subito insieme al suo popolo una durissima segregazione. «Il suo messaggio nella società odierna è debole. Riscontriamo -ci confessa Maurizio Zavaglia- una profonda crisi sociale, economica e culturale, mancano visione, progettualità e prospettiva. C’è una classe dirigente debole e inadeguata, sono deboli le istituzioni, lo è la politica, fatta salva qualche lodevole eccezione in qualche ente locale, ma complessivamente si registra una frammentazione strutturale del nostro territorio. Operiamo in questa terra difficile, piegata da mille mali, ma anche con grandi potenzialità, a partire dalle persone, dal loro desiderio di riscatto e di rinascita. Ci rifacciamo spesso agli insegnamenti di padre Giancarlo Bregantini, soprattutto quando ci diceva “Bisogna superare il concetto del fato, del destino”. Ecco, bisogna ribaltare i concetti negativi e provare a tirare fuori il meglio. Quando i percorsi ci sembrano difficili e faticosi, noi proviamo a costruire percorsi di resistenza umana guardando ai visi e alle storie delle persone, dimostrando che convivere pacificamente tra i popoli si può e che l’integrazione di culture ed esperienze possono apportare una crescita reciproca e ricadute positive, in termini economici e di opportunità nuove, anche ai giovani disoccupati di questa terra».
Autore:Barbara Panetta