Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data del 25 Luglio.
Accadde che:
306 (1715 anni fa): Costantino I viene proclamato imperatore dalle sue truppe. Fu imperatore romano dal 306 fino alla sua morte, avvenuta il 22 maggio 337. Si tratta di una delle figure più importanti dell’Impero romano, che riformò largamente e nel quale favorì la diffusione del cristianesimo. Tra i suoi interventi più significativi, la riorganizzazione dell’amministrazione e dell’esercito, la creazione di una nuova capitale a oriente (Costantinopoli) e la promulgazione dell’Editto di Milano sulla libertà religiosa. È considerato santo e “Simile agli apostoli” dalla Chiesa ortodossa, da alcune Chiese orientali antiche e da alcune Chiese locali cattoliche in Sardegna, presente nel loro calendario liturgico, col titolo di “Eguale agli apostoli”; mentre il suo nome non è presente nel Martirologio Romano, il catalogo ufficiale dei santi riconosciuti dalla Chiesa cattolica. Il comportamento costantiniano in tema di religione ha dato spazio a molte controversie fra gli storici; controversie particolarmente aspre quando essi hanno preteso di valutare non solo il comportamento pubblico, ma le sue convinzioni interiori. In alternativa all’opinione tradizionale, secondo cui Costantino si sarebbe convertito al cristianesimo poco prima della battaglia di Ponte Milvio è stata, invece, asserita una sua costante adesione al culto solare, mettendo in dubbio perfino il battesimo in punto di morte. Secondo altri, poi, la religione sarebbe stata per Costantino un puro e semplice instrumentum regni. Che Costantino si sia, progressivamente, avvicinato al cristianesimo trova d’accordo molti studiosi di quell’epoca. È, comunque, fuori di dubbio la sincerità costantiniana nella ricerca dell’unità e concordia della Chiesa, la cui necessità derivava da un preciso disegno politico, che considerava l’unità del mondo cristiano condizione indispensabile alla stabilità della potenza imperiale.
1956 (65 anni fa): il transatlantico Andrea Doria, proveniente da Genova diretto a New York, viene speronato, a largo della costa di Nantucket, dalla nave svedese Stockholm della Swedish America Line. Alle 23:10, entrambe le navi, stavano per incrociare un corridoio molto trafficato, coperto da una fitta coltre di nebbia. Non ci fu alcun contatto radio e nonostante l’Andrea Doria continuasse a emettere i fischi obbligatori durante la nebbia, la Stockholm non lo fece; una volta giunte a potersi vedere a occhio nudo fu troppo tardi per praticare contromanovre, atte a evitare l’incidente. La rompighiaccio svedese Stockholm aveva colpito, con la sua prua rinforzata, la fiancata dell’Andrea Doria, che iniziò subito a imbarcare acqua, uccidendo numerosi passeggeri che si erano già ritirati a dormire nelle proprie cabine. Inoltre, sfondando molte paratie stagne e perforando cinque depositi combustibile, causò l’imbarco di circa 500 tonnellate di acqua di mare che, non potendo essere bilanciate nei brevissimi tempi della collisione, produssero il pericoloso, immediato e anomalo sbandamento a dritta per oltre 15 gradi. Quarantasei dei 1706 passeggeri trovarono la morte al momento dell’impatto, insieme a 5 uomini della Stockholm. A bordo ci sono 1706 persone tra passeggeri e membri dell’equipaggio: anziani, donne e bambini. Il comandante Piero Calamai dispone che non manchi mai l’elettricità, tanto che la nave affondò con le luci ancora accese. Sul posto arrivarono due navi mercantili e poi l’Île de France, che raccolse la maggior parte dei naufraghi, ben 750. Dopo il salvataggio di tutti i passeggeri, il comandante rimase a bordo della nave, rifiutando di mettersi in salvo; costretto, poi, a farlo dai propri ufficiali tornati indietro appositamente a prenderlo. Si dice che prima di morire nella sua Genova, il 7 aprile 1972, mormorasse nell’agonia: «Salvate i passeggeri… Salvate i passeggeri» La collisione tra lqueste due navi portò a diversi cambiamenti nel mondo marittimo, tesi a evitare che incidenti simili potessero ripetersi: le compagnie armatrici furono obbligate a migliorare l’addestramento degli uomini all’uso del radar. Va precisato che l’Andrea Doria era dotata di due radar molto avanzati per l’epoca, che mostravano direttamente le posizioni dei bersagli, senza dover calcolare manualmente lo scarto tra rotta teorica ed effettiva; invece sulla Stockholm il radar non aveva il regolatore della portata illuminato.
Nato oggi:
1880 (141 anni fa): nasce a Benevento Giuseppe Moscati medico, fisiologo e accademico. Beatificato da papa Paolo VI nel corso dell’Anno Santo 1975 e canonizzato da papa Giovanni Paolo II nel 1987, fu definito il “Medico dei poveri”. Probabilmente la decisione di scegliere la professione medica è stata in parte influenzata dal fatto che negli anni dell’adolescenza si era confrontato, in modo diretto e personale, con il dramma della sofferenza umana. Nel 1893, infatti, suo fratello Alberto, tenente di artiglieria, fu portato a casa dopo aver subito un trauma inguaribile, in seguito ad una caduta da cavallo. Per anni, Giuseppe prodigò le sue cure premurose al fratello tanto amato e allora dovette sperimentare la relativa impotenza dei rimedi umani e l’efficacia dei conforti religiosi, che soli possono darci la vera pace e serenità. Il 4 agosto 1903, conseguì la laurea in medicina con pieni voti. Dal 1904 presta servizio di coadiutore all’ospedale degl’Incurabili, a Napoli, organizza l’ospedalizzazione dei colpiti di rabbia e, mediante un intervento personale molto coraggioso, salva i ricoverati nell’ospedale di Torre del Greco, durante l’eruzione del Vesuvio nel 1906. Celebre e ricercatissimo nell’ambiente partenopeo quando è ancora giovanissimo, il professor Moscati conquista ben presto una fama di portata nazionale, ed internazionale per le sue ricerche originali, i risultati delle quali vengono da lui pubblicati in varie riviste scientifiche italiane ed estere. Queste ricerche di pioniere, che si concentrano specialmente sul glicogeno ed argomenti collegati, gli assicurano un posto d’onore fra i medici ricercatori della prima metà del nostro secolo. Non sono, tuttavia, unicamente e neppure principalmente le doti geniali ed i successi clamorosi del Moscati, la sua sicura metodologia innovatrice nel campo della ricerca scientifica, il suo colpo d’occhio diagnostico fuori del comune, che suscitano la meraviglia di chi lo avvicina. Più di ogni altra cosa è la sua stessa personalità, che lascia un’impressione profonda in coloro che lo incontrano, la sua vita limpida e coerente, tutta impregnata di fede e di carità verso Dio e verso gli uomini. Egli è uno scienziato di prim’ordine; ma per lui non esistono contrasti tra la fede e la scienza: come ricercatore è al servizio della verità e la verità non è mai in contraddizione con se stessa né, tanto meno, con ciò che la Verità eterna ci ha rivelato. Moscati vede nei suoi pazienti il Cristo sofferente, lo ama e lo serve in essi. È questo slancio di amore generoso che lo spinge a prodigarsi senza sosta per chi soffre, a non attendere che i malati vadano da lui, ma a cercarli nei quartieri più poveri, ed abbandonati della città, a curarli gratuitamente, anzi a soccorrerli con i suoi propri guadagni. E tutti, ma in modo speciale coloro che vivono nella miseria, intuiscono ammirati la forza divina che anima il loro benefattore. Così diventa l’apostolo di Gesù: senza mai predicare, annuncia, con la sua carità e con il modo in cui vive la sua professione di medico. Quando, il 12 aprile 1927, muore, improvvisamente, a Napoli stroncato in piena attività, a soli 46 anni, la notizia del suo decesso viene annunciata e propagata di bocca in bocca con le parole: ” È morto il medico santo “.