di Stefania Romito*
Nelle ultime settimane, un acceso dibattito ha infiammato gli ambienti culturali italiani, focalizzandosi sul ruolo e sull’opera del sommo poeta Dante Alighieri. Ciò che ha dato il via a questa controversia è stata una denuncia formale presentata da un gruppo di rappresentanti musulmani che hanno richiesto il divieto di insegnare l’opera dantesca nelle scuole italiane, argomentando che essa contiene contenuti discriminatori e islamofobici.
La denuncia, presentata da un’organizzazione musulmana nazionale, ha suscitato una serie di reazioni contrastanti in tutto il paese. Mentre alcuni hanno accolto la richiesta come un passo avanti verso una maggiore sensibilità culturale e religiosa, altri l’hanno vista come un attacco alla libertà accademica e all’eredità letteraria italiana.
Il nucleo delle accuse contro Dante Alighieri è centrato principalmente sulla sua opera più celebre, la “Divina Commedia”, e in particolare sull’immaginario rappresentato nell’Inferno. I denuncianti sostengono che la descrizione delle diverse bolge infernali, in cui i peccatori sono puniti in base ai loro crimini, perpetua stereotipi negativi nei confronti dei musulmani e della cultura islamica.
In particolare, si fa riferimento alla rappresentazione di Maometto, fondatore dell’Islam, nel canto XXVIII dell’Inferno, dove viene descritto come divisore e seminatore di discordia. Questa rappresentazione, secondo i denuncianti, alimenta sentimenti di odio e discriminazione nei confronti dei musulmani, contribuendo così alla marginalizzazione della comunità islamica in Italia.
La denuncia ha immediatamente scatenato un acceso dibattito in Italia, coinvolgendo intellettuali, accademici, politici e rappresentanti della comunità musulmana. Mentre alcuni hanno espresso solidarietà con la richiesta dei musulmani, sottolineando la necessità di riconsiderare il modo in cui vengono insegnati i classici letterari nelle scuole per garantire una rappresentazione equilibrata delle diverse culture e religioni, altri hanno difeso l’importanza di preservare l’eredità culturale italiana e il valore artistico della Divina Commedia.
Alcuni critici hanno anche sottolineato che la richiesta di vietare l’insegnamento di Dante potrebbe aprire un pericoloso precedente per la censura culturale e limitare la libertà accademica e artistica nel Paese. Hanno invece proposto di affrontare la questione attraverso un dialogo aperto e costruttivo, promuovendo una maggiore comprensione interculturale e un’interpretazione contestualizzata delle opere letterarie.
Personalmente rimango del parere che coloro che amano la cultura, e la letteratura come forma sublime di espressione, sanno benissimo che ogni autore, insieme alle sue opere creative, necessita di essere interpretato nel contesto della sua epoca. Non è fattibile valutare un’opera letteraria esclusivamente attraverso la lente dei nostri giorni, né giudicarla in base alle attuali circostanze. Fare questo è un tradimento al ciclo dell’evoluzione umana e intellettuale.
*giornalista e scrittriceDan