In ricordo di De Gasperi che visitò molto la Calabria ai primi anni ’50. Si ricorda ancora la sua sosta in Sila e il comizio che fece da un balcone di una casa di San Giovanni in Fiore.
Bruno Gemelli
Alcide De Gasperi, secondo una mia modestissima opinione, io che non ho mai votato in vita mia Democrazia Cristiana, è stato il più grande statista italiano, e forse europeo, del Novecento. Un personaggio che seppe dire di no niente meno che a Papa Pio XII, merita un’altissima considerazione.
«Cattolico rigoroso nell’animo, ma laico coerente in politica», lo definì Andrea Riccardi, docente di Storia contemporanea a Roma III e fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Fondatore della Democrazia Cristiana e Presidente del Consiglio in 8 successivi governi di coalizione, da dicembre 1945 ad agosto 1953; come detto, De Gasperi fu un fervente cattolico, al punto che la Chiesa cattolica lo ha insignito del titolo di servo di Dio nel 1993, quando ne venne avviata la causa di beatificazione.
Ora sul personaggio si sono riaccesi i fari dopo l’uscita del libro di Antonio Polito “Il costruttore. Le cinque lezioni di De Gasperi ai politici di oggi” (Mondadori, 2024).
Saggio che è stato recensito dal direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, il cui incipit è stato: «È una domanda che trova risposte sempre molto faticose. C’è stato uno statista nell’Italia del dopo guerra, un leader che ha cambiato davvero le cose? Con una visione e la capacità di realizzarla, con una missione coinvolgente per tutti gli taliani? Alla fine il nome è soltanto uno: Alcide De Gasperi, il democristiano nato in Trentino, provincia austriaca fino al 1918. Le corde dell’identità nazionale non hanno mai vibrato per lui, come per de Gaulle in Francia e Adenauer in Germani. Il silenzio, le dimenticanze e le ostilità, anche nel suo mondo (quello cattolico), sono state continue e incomprensibili [,,,]».
De Gasperi visitò molte la Calabria ai primi anni ’50. Si ricorda ancora la sua sosta in Sila e il comizio che fece da un balcone di una casa di San Giovanni in Fiore.
Si ricorda anche la visita, da Presidente del Consiglio, alla Certosa di Serra San Bruno, nel marzo del 1953. In quella occasione la consorte, Francesca Romani, potette entrare nella Certosa, luogo inibito alle donne, al netto di specifiche dispense vaticane. Infatti solo tre donne poterono entrare in quel luogo mistico: oltre a lei, la regina del Belgio, Paola Ruffo di Calabria (30 giugno 2001) ed Ermanna Carci Greco (anni ’80), a quel tempo assessore regionale alla Cultura, che, insieme al presidente pro-tempore, Bruno Dominijanni, riuscì a fare avere ai monaci di clausura un congruo finanziamento per rimettere in piedi l’edificio cadente. Quella campagna di sensibilizzazione partì dall’impegno del vice presidente del Consiglio regionale, Quirino Ledda.