Orlando Sculli ci parla della situazione politica nei territori bizantini dell’Italia meridionale prima della conquista normanna.
Orlando Sculli
L’ imperatore del Sacro Romano impero e re di Germania, Ottone I aveva cercato con successo di erodere territori ai bizantini impadronendosi dei principati longobardi della Campania e poi aveva meditato di spingersi fino alla Calabria.
Tale progetto fu tentato dal figlio Ottone II che come base operativa scelse Rossano da cui iniziò l’impresa avanzando con il suo esercito verso sud, ma a Stilo si scontrò con l’esercito arabo guidato dall’emiro di Sicilia Abu Al-Qasim, che vanificò il suo tentativo, pur cadendo in battaglia, massacrando l’esercito germanico; il territorio di Stilo fu il punto più a sud della penisola toccato da un imperatore della casata di Sassonia e fu l’unico tentativo in quanto non ci furono altri.
Del resto un’impresa di tale genere non era facile in quanto gli arabi, a partire dall’827, avevano iniziato la conquista della Sicilia e gradualmente l’avevano assoggettata, tranne Taormina e Rametta, che erano presidiate dai bizantini ;l’isola pertanto era stata trasformata in emirato islamico e ricorrentemente gli arabi partendo dalla Sicilia cercavano di conquistare i domini bizantini dell’Italia meridionale, per cui i loro attacchi erano continui con eserciti che flagellavano i territori, distruggendo chiese e monasteri, incendiando i seminati e i boschi, e tagliando vigne ed uliveti. Gli eserciti bizantini cercavano di resistere agli attacchi degli eserciti arabi che partendo dall’Africa settentrionale e dalla Sicilia. attaccavano sulla vicina terraferma in Calabria e in aree molto più a nord.
Alla fine del IX, nell’ 883, gli arabi avevano creato una colonia alla foce del fiume Garigliano in Campania e partendo da essa le loro incursioni venivano indirizzate verso le città vicine ed addirittura verso Roma, per cui i cristiani nel giugno del 903 li attaccarono, ma furono sconfitti. Nel giugno del 915 il papa Giovanni X cominciò a meditare l’organizzazione di una crociata contro di essi, mettendo d’accordo i principali principati longobardi dell’area e la città di Napoli per cui i saraceni del Garigliano furono attaccati e sconfitti.
I superstiti dopo lo scontro furono ricercati nei boschi dove si erano rifugiati e uccisi, ma molti furono presi prigionieri, per cui ad agosto ebbe fine la colonia stessa.
Non passò molto tempo e di nuovo gli arabi di Sicilia e d’Africa ricominciarono le loro incursioni sul territorio dell’Italia centro meridionale e specialmente della Calabria tanto vicina alla Sicilia. Infatti nell’estate del 918 gli arabi, partendo dalla Sicilia, di notte occuparono e devastarono Reggio, senza incontrare alcuna resistenza.
Dopo pochi anni e precisamente nel 924 lo schiavone (gli arabi utilizzavano come combattenti, mercenari e soldati provenienti dalle attuali Slovenia, Croazia e Dalmazia, denominati Schiavoni) Masud attaccò e prese Motta S. Agata, località fortificata a nord di Reggio, facendo molti prigionieri.
Nella primavera del 925, Abu Ahmad Gafar ibn Ubayd occupò Bruzzano e altri luoghi in Calabria, poi portò la guerra nella Terra d’Otranto, dove attaccò e prese Oria a luglio, facendo massacri, portando all’emiro di Sicilia un enorme bottino, costituito da drappi di seta, di gioielli ed oro e da diecimila giovani da vendere sul mercato degli schiavi.
Tra il 925 ed il 930, gli arabi, partendo dalla Sicilia devastarono le città della Calabria che non avevano pagato il tributo loro imposto, ma già nel 929 lo schiavone Sabir lo riscosse dalle martoriate popolazioni calabresi.
Negli anni successivi le popolazioni calabresi continuarono a pagare i tributi imposti dagli arabi di Sicilia, dove ad un certo punto ci furono sconvolgimenti e ribellioni che degenerarono in una vera guerra civile, combattuta tra varie fazioni.
Pertanto per un lungo periodo la Calabria non fu sottoposta ad incursioni, ma risolti i problemi interni alle varie fazioni in lotta, nel 950 Al- Hasan, dopo aver prevalso su altri, divenendo emiro di Sicilia, preparò una spedizione e attraversò lo stretto il due luglio invadendo Reggio, trovandola deserta in quanto la popolazione l’aveva lasciata per luoghi più sicuri. Allora sparse le sue truppe intorno per depredare e giunse poi a Gerace che strinse d’assedio tentando di prenderla per fame e per sete, ma i Geracesi resistettero per cui Al-Hasan tolse l’assedio alla città anche perché era sopraggiunto un esercito bizantino che affrontò e vinse in battaglia. Le truppe battute si indirizzarono verso Otranto ed egli inseguendoli, giunse a Cassano che strinse d’assedio senza prenderla.
Intanto stava per sopraggiungere l’inverno e l’emiro ritornò in Sicilia dopo aver imposto tributi a Gerace e a Cassano. Intanto alcune città di Calabria non pagavano i tributi imposti da Al-Hasan, che per punirle organizzò delle scorrerie devastando i loro territori.
All’imperatore bizantino Costantino Porfirogenito sembrava indegno per l’impero pagare tributi a dei barbari, quali erano gli arabi secondo il suo punto di vista, per cui preparò un esercito da mandare nei domini bizantini d’Itaiia, al comando di un tale Macroianni e del patrizio Malaceno. Quando Al-Hasan seppe che un esercito bizantino era sbarcato a Otranto, si fece mandare dei rinforzi dall’Africa settentrionale e preparò una spedizione contro di esso e nella primavera del 952, per ordine del califfo cominciò delle operazioni militari in Calabria.
L’8 maggio del 952 i due eserciti si scontrarono sotto Gerace e le truppe di Al-Hasan sbaragliarono l’esercito bizantino che fuggì disordinatamente, inseguito dai nemici che fecero orrende stragi e a mala pena si salvarono Macroianni ed il patrizio Malaceno.
Le teste degli uccisi vennero mandate in trionfo in varie città della Sicilia e dell’Africa, secondo le feroci, usanze degli arabi. Gerace fu di nuovo stretta d’assedio ed essa riuscì a difendersi validamente, mentre Costantino Porfirogenito mandò il segretario Giovanni Pilato a concordare una tregua nei combattimenti, con l’emiro che acconsentì.
La tregua fu dapprima limitata alla sola Gerace, ma poi si estese a tutti i luoghi di Calabria,
ma frattanto Al-Hasan saccheggiò Petracucca un grosso insediamento posto tra il Capo Spartivento e Capo Bruzzano e Roseto; tanti prigionieri furono condotti in Sicilia, assieme al capo della flotta musulmana Abu Mahl, che fu messo a morte, reo forse di essersi approfittato del bottino di guerra.
Inoltre Al-Hasan fece inaugurare una moschea a Reggio imposta ai cristiani che acconsentirono, ma essa sarebbe rimasta operativa solo per quattro anni.
L’imperatore Costantino Porfirogenito non era d’accordo con il fatto che le città sottoposte al dominio di Costantinopoli dovessero pagare dei tributi, per cui quando stava per spirare la tregua con gli arabi nel 956, mandò un esercito di traci, macedoni al comando del patrizio Mariano Argirio verso Napoli, che era in stretta collaborazione con gli islamici e non riconosceva l’autorità bizantina, per cui fu assediata per mare e per terra.
Napoli fu ridotta all’obbedienza al pari di altri principati longobardi della Campania e altre città della Calabria che ricominciarono a riconoscere l’autorità bizantina, ma contemporaneamente chiesero aiuto ad Al-Hasan.
Nell’agosto del 956 giunse dall’Africa un’armata araba al commando di Ammar, fratello di Al-Hasan, che svernò a Palermo e nella primavera del 957 cominciò a far scorrerie in Calabria, ma in tale contesto di attacchi e di contrattacchi, una piccola armata bizantina al comando del protocarebo (comandante di vascello) Basilio, con audacia cominciò ad operare risolutamente, sbarcando prima a Reggio e distruggendo la moschea da non molto inaugurata e poi attaccò gli arabi in Sicilia a Termini, a 24 km da Palermo e
successivamente a Mazara, dove affrontò e sconfisse in battaglia Al-Hasan che era sopraggiunto in difesa della città; dopo tale battaglia Basilio smise di attaccare in Sicilia e andò via. Nel 958, Al-Hasan, ricongiungendosi al fratello Ammar stava preparando una spedizione sulla terraferma calabrese quando una tempesta sorprese la flotta che fu distrutta nei mari attorno all’isola.
L’anno successivo fu ricostruita la flotta con cui furono organizzate degli attacchi sporadici addirittura fino a Napoli, a cui risposero i bizantini, ma nel 961 fu firmata una tregua tra il legato bizantino Socrate e le autorità arabe di Sicilia, quando fu riscattato anche il capitano greco Afrina con la sua famiglia.
Nel mese di maggio del 962, Ahmad, figlio di Al-Hasan iniziò l’assedio di Taormina che aveva ancora mantenuto la sua indipendenza dagli arabi e il 24 dicembre dello stesso anno cadde in mano islamica; molti furono i prigionieri della città conquistata e di essi millesettecento settanta furono mandati al califfo.
Ormai solo Rametta era la terra cristiana non soggetta agli arabi in Sicilia, per cui il 24 agosto 963 Al-Hasan Ibn Ammar pose il campo attorno a Rametta ed iniziò ad attaccare con catapulte le mura della fortezza e nello stesso tempo ogni giorno cominciò a tentare assalti alla stessa. senza riuscire nei suoi intenti, per cui decise di prenderla per fame.
Trascorse tra quei monti l’inverno, la primavera e l’estate, trincerando il suo accampamento, e costruendo un castello e delle casupole per i soldati. Gli abitanti di Rametta si decisero allora a chiedere aiuti all’imperatore bizantino Niceforo Foca che preparò un esercito di quarantamila uomini costituiti in prevalenza da armeni, da mercenari russi e da eretici Pauliciani. A capo dell’esercito pose Niceta e Manuele Foca, figlio di un nipote di Niceforo e a questo punto Ahmad. Emiro di Sicilia, preparò una flotta siciliana da contrapporre ai bizantini, chiedendo rinforzi al califfo che dall’Africa gli mandò una flotta con combattenti berberi. Il 10 ottobre 964 mandò un esercito a Rametta, mentre nello stesso tempo le forze bizantine cominciarono a trasferirsi dalla Calabria a Messina. dividendosi però. Infatti Niceta organizzava scorrerie in tutto il territorio siciliano, Manuele Foca si indirizzava con le sue truppe attraverso le gole e i precipizi dei monti per portare aiuto a Rametta.
Il 25 ottobre truppe di rinforzo provenienti da Palermo cercarono di impedire l’arrivo dei bizantini a Rametta attraverso i passi più agevoli, per cui iniziò una battaglia.
Agli inizi la sorte sembrava favorire i cristiani che incalzarono gli arabi, ma quando i bizantini erano certi della vittoria, cominciarono a disarticolare le schiere e a non mantenere l’ordine nei combattimenti. A questo punto Ibn Ammar certo della sconfitta, si buttò disperatamente nella mischia, puntando verso Manuele Foca, che fu disarcionato e ucciso a terra, La morte del comandante dell’esercito scoraggiò i combattenti bizantini che cominciarono a sbandare e poi a fuggire, inseguiti dagli arabi che iniziarono a massacrarli, dal vespro fino a che divenne buio. Il bottino fu radunato e poi fu mandato a Palermo e l’emiro Al-Hasan, uscito dalla città cominciò ad andare incontro ai trofei della vittoria e per la grande gioia gli scoppiò una febbre maligna che in pochi giorni lo, portò alla morte nel mese di novembre, a cinquantatrè anni.
Intanto Rametta, dopo la sconfitta dei Greci, continuò a resistere all’assedio di Ibn Ammar e i difensori della città, ridotti a pelle ed ossa, subirono il martirio finale quando gli arabi presero d’assalto la fortezza e li uccisero tutti, tranne donne, vecchi e bambini: era l’anno 965. La battaglia nei pressi di Rametta non fu la sola, in quanto Ahmad andò alla ricerca dei contingenti con cui Niceta faceva scorrerie per la Sicilia e li vinse e mentre la flotta bizantina si preparava a salpare verso Costantinopoli, l’attaccò nello stretto di Messina, distruggendola. Migliaia furono i prigionieri, tra cui l’ammiraglio della flotta stessa che fu mandato al califfo Al-Muizz che lo mise in una comoda prigione, dove in bella calligrafia ricopiò su un testo elegante, che ora si trova in una biblioteca di Parigi, le omelie di San Basilio. In aggiunta Ahmad mandò contingenti in Calabria che cominciarono a depredare i territori, per cui le città si rassegnarono a pagare i tributi agli arabi, per poter vivere in pace. Nel 967 fu siglata una tregua d’armi tra il califfato arabo e l’impero bizantino.6
Le incursioni arabe in Calabria continuarono e raggiunsero l’apice nel 976 quando Abu al-Qasim organizzò scorrerie in tutta la Calabria, distruggendo e depredando, arrivando fino a Cosenza a cui impose dei tributi. Anche dopo la morte di Al-Qasim (caduto nella battaglia di Stilo, come vedremo in seguito) la Calabria fu sottoposta a scorrerie e nel 986 fu saccheggiata Gerace, nel 987 gli arabi continuarono a devastare la Calabria, mentre nel 988 ancora Cosenza fu assediata, presa e saccheggiata. In definitiva fino al quarto decennio dell’XI secolo, la Calabria, non ebbe pace, ossia fino a quando cominciò
la conquista dei normanni che si concluse con la presa di Reggio nel 1060.
Essi da briganti, in breve si trasformarono in ottimi amministratori, dimostrando grande attenzione ai bisogni dei territori su cui operarono, costruendo, fortezze, castelli e tante chiese, tra cui la bella cattedrale di Gerace e la basilica di Santa Maria della Roccella (Borgia), distrutta dal terremoto del 1783, di cui ammiriamo i resti maestosi.
Ottone I Il Grande, imperatore del Sacro romano impero e re di Germania,
Nacque a Walhausen nel 912 ed era figlio di Enrico I, a cui successe nel 936.Egli dapprima dovette lottare contro Tangimaro, figlio illegittimo del padre e consolidato il potere, appoggiandosi al clero, con cui si alleò contro i signori laici, che lo insidiavano, preparò imprese militari contro i popoli che ad oriente del suo stato attaccavano i confini, estendendo l’influenza germanica fino al corso superiore dell’Oder, alla Slesia e al
Baltico. Nel 955 inflisse una sconfitta decisiva agli Ungari e per la sua politica ebbe l’appoggio dei pontefici Si occupò anche delle questioni d’Italia dove scese a più riprese, dove si oppose con successe alla politica di Berengario II, marchese d’Ivrea, che era diventato re d’Italia e teneva in prigionia Adelaide di Borgogna.
Sconfisse Berengario nel 951, assumendo egli stesso il titolo di re d’Italia, fu incoronato a Pavia acquisendo il controllo delle marche di Verona, Aquileia ed Istria che furono unite alla Germania. Dopo la morte della prima moglie sposò Adelaide di Borgogna nello stesso anno 951 che portava in dote il diritto alla corona imperiale.
Ritornato in Germania per la ribellione dei feudatari, scese in Italia nel 961 fino al 964 dove fu incoronato imperatore del Sacro Romano impero a Roma il 2 febbraio del 962 dal papa Giovanni XII. Rientrò in Germania e poi ritornò in Italia qualche anno dopo ed estese il suo dominio nei principati autonomi di Benevento e Capua e portò la guerra in Puglia per strapparla ai bizantini e nel 972 organizzò con essi il matrimonio del figlio Ottone con la principessa bizantina Teofano. Ritornò in Germania nel 972 e l’anno successivo morì a Memleben, lasciando al figlio Ottone II uno stato esteso e solido.
Ottone II di Sassonia, re di Germania e imperatore del Sacro Romano Impero.
Figlio di Ottone I e di Adelaide di Borgogna nacque nel 955 d.C. in Sassonia. e già nel Natale del 967 d.C. fu associato alla corona imperiale a 12 anni dal padre, che fu incoronato a Roma dal papa Giovanni XIII. Nella speranza di poter acquisire diplomaticamente l’Italia meridionale, appartenente ai bizantini, organizzò
a partire da 969 il matrimonio, che fu celebrato nel 972, tra il figlio diciassettenne con la principessa bizantina Teofano Sclerania di appena dodici anni. dopo che l’imperatore Giovanni I Zimisce, anziché dargli in sposa Anna, figlia del defunto imperatore Romano II, nata in casa imperiale, quindi porfirogenita, gli concesse la nipote.
Alla fine del 981 Ottone scese in Italia conquistando il principato longobardo di Salerno che gli rese omaggio e gli mise a disposizione truppe, per cui si apprestava a conquistare la Calabria dopo che nella primavera del 982 conquistò Taranto.
I bizantini cercavano di distoglierlo dall’impresa, ma non riuscendoci, di fatto vedevano di buon occhio lo sconfinamento delle milizie musulmane di Sicilia nell’Italia meridionale, che cominciarono ad operare al comando dell’emiro Abu-al-Qasim, riuscendo ad avere dei successi ed acquisendo vari territori. Ottone cominciò ad avanzare lungo la costa ionica e pervenuto nell’entroterra di Monasterace, nel territorio di Stilo, il 15 luglio del 982, secondo lo storico arabo Ibn al.Atir, si scontrò con le truppe dell’Emiro di Sicilia.
In un primo tempo i tedeschi ebbero la meglio e cadde in battaglia persino l’emiro, buttandosi temerariamente nella mischia.
Prima dello scontro però, Abu Al -Qasim aveva predisposto una riserva strategica di combattenti e l’aveva collocata in un bosco vicino, che attaccò l’esercito ottoniano intento al saccheggio, per cui la maggioranza dei soldati germanici furono massacrati, tra cui il fiore dell’’aristocrazia e tanti furono catturati, secondo le cronache di Ditmar, che perse uno zio della madre. Ottone vistosi perduto assieme al cugino, il duca di Baviera, a briglie sciolte cominciò a galoppare verso il mare dove era pronta a salpare una salandra greca, per cui si addentrò in acqua con il cavallo dell’ebreo Calonimo più fresco, che fu ucciso dai cavalieri arabi sopraggiunti che tentavano di catturare Ottone.
L’imperatore raggiunse con una salandra greca Rossano, dove l’attendeva l’imperatrice con i tesori e poco dopo si allontanò dalla Calabria e raggiunse Roma, dove morì l’anno successivo all’età di 28 anni. Ottone III di Sassonia, re di Germania e imperatore del Sacro Romano Impero Alla morte di Ottone II, il figlioletto a 3 anni appena, fu proclamato re di Germania ed imperatore del Sacro Romano impero, mentre divenne reggente prima la madre Teofano Sclerania, morta nel 91 e poi la nonna Adelaide di Borgogna. fino al 995.
La sua opera fu contraddistinta dal suo impegno di imporre alla guida del Vaticano cardinali tedeschi che divennero papi con il nome di Gregorio V e di Silvestro II.
A tale suo impegno si contrappose la reazione dell’aristocrazia romana guidata da Giovanni Crescenzio che oppose ai papi tedeschi dei cardinali italiani, ma ciò portò a ribellioni della popolazione romana che nel 1001 costrinse Ottone III alla fuga. Egli meditava il ritorno nella città dei papi. ma la morte lo colse nel 1002 a 22 anni di età nel castello di Paterno vicino Roma.