Tommaso Marvasi riflette e ci fa riflettere sul tema dello scioglimento dei comuni per mafia che, dopo Bari, ha colpito anche Tropea
Lo scioglimento del Comune di Tropea per infiltrazioni mafiose – vissuto pressoché in diretta, proprio nella Perla del Tirreno, complice il “ponte” della Festa della Liberazione – mi induce a tornare sul tema, ad appena due settimane dalle mie considerazioni ispirate dal caso Bari.
Nell’occasione scrivevo (e mi autocito per mettere subito in chiaro la mia personale posizione) trattarsi «di un’occasione perduta dalla politica, per mettere in discussione e quantomeno rivedere l’istituto dello scioglimento delle amministrazioni democraticamente elette per infiltrazioni mafiose, sulla base di meri sospetti e del principio del “è più probabile che non”. Una legge – lo sintetizzo in termini chiari, perché non vi siano dubbi sulla mia personalissima (e come sempre opinabile) opinione – da Stato di Polizia, non di Diritto, manipolabile da chi detiene il potere, che consente provvedimenti gravissimi senza prove e anche se neppure si ipotizza alcun reato».
Tropea, simbolo della Calabria, icona utilizzata da Ryan Air per celebrare le concessioni delle linee aeree per la Calabria – isolata da sempre, con aeroporti inutilizzati per decenni (Reggio e Crotone) – è stata sciolta sulla base della normativa in questione in forza di una motivazione che al momento in cui scrivo non è nota. Ma il problema è secondario, ritenuto che l’esperienza in materia mi conferma nella convinzione che la motivazione costituisca solamente il pretesto: quella narrazione che consenta di sostenere giudizialmente che l’infiltrazione mafiosa sia “più probabile che non”: probabilità facilissima da ritenere per qualsiasi paese della Calabria, fino ad annullare i diritti politici di intere popolazioni, essendo il fenomeno mafioso estesissimo.
Ma qui non si tratta di guardare al caso specifico, di dibattere pro e contro il sindaco Avv. Giovanni Macrì, ma di annotare il distacco tra una legge che nella teoria dovrebbe trovare, quando applicata, ampio consenso nella popolazione e la reazione popolare.
Annoto invece che a Tropea – dove si stavano già preparando alle elezioni per il rinnovo del Consiglio Comunale – c’è un forte rammarico nella popolazione; ed una fortissima preoccupazione per il futuro: temendosi la necessariamente grigia “amministrazione ordinaria” dei Commissari e, per contro, riconoscendosi unanimemente allo spesso “scorbutico” Sindaco Macrì il merito di avere promosso internazionalmente Tropea, di avere prolungato la stagione turistica che ora è “alta stagione” da Pasqua fino ad Ognissanti, di avere addirittura promosso un turismo invernale dal Ponte dell’Immacolata all’Epifania. È un fatto, peraltro, che Tropea ha un bilancio attivo ed una capacità di spesa elevatissima, che si disperderanno nell’ordinaria amministrazione commissariale.
«A Tropea c’è sconcerto tra i residenti. L’economia tira, i servizi migliorano, la promozione è finalmente adeguata, e il sindaco Giovanni Macrì gode in larga parte di consenso. A guardare le interviste del day after del Viminale si osserva come una sorta di vergogna interiore che si è abbattuta sul paese che diede i natali al grande divo Raf Vallone», annota Paride Leporace su Il Corriere della Calabria del 27 aprile.
Si è già annunciata una manifestazione popolare a sostegno del Sindaco per martedì 30 aprile e Macrì stesso si prepara alla battaglia giuridica davanti ai giudici amministrativi. Un copione già visto dopo lo scioglimento del Comune di Portigliola (paesino, piccolo ed economicamente insignificante; azzardo: di nessun interesse per la mafia che ha cose ben più remunerative cui pensare), con un paese che manifestava per Rocco Luglio, commercialista di Roma e Sindaco per amore e per passione: che aveva promosso Portigliola al centro della cultura calabrese, con una stagione teatrale di eccellenza, nel Teatro greco-romano di Locri Epizephiri.
Una legge che sta colpendo, devastandola, la Calabria nei suoi luoghi simbolo, tutti affidati alla non-amministrazione dei Commissari prefettizi: Rende, la città dell’Università dove è stata inventata dal Rettore Andreatta la facoltà di ingegneria gestionale; la magnifica Scilla, altro simbolo. Per tacere dei paesi pre-aspromontani della Locride, dove i diritti politici della popolazione sono praticamente sospesi (addirittura ad Africo è stata smontata, dai Commissari prefettizi, la sala del Consiglio Comunale, siccome inutile). La Calabria ne esce devastata nella sua immagine, sempre più associata alla mafia: che c’è, che esiste, che è crudele, ma che neppure è scalfita da questi inadeguati ed inefficaci provvedimenti, che non colpiscono la delinquenza, ma le comunità.
Ne esce distrutta non la mafia, ma la Calabria, quindi: e forse è giunto il momento di proporre una lotta effettiva alla criminalità organizzata, necessariamente basata soprattutto su interventi sociali, per prevenire il suo proliferare e la sua attività. Una lotta che impone un ripensamento sui reati di mafia: che oggi non sequestra, non uccide; nelle sue espressioni più elevate (quelle che si celebrano nei luoghi europei capitali della finanza) neppure più pretende il pizzo; ma che esiste ed opera, magari pure rispettando formalmente le regole. Occorre chiedersi quando un comportamento diventi reato, non essendo sufficiente la posizione personale dell’autore.
Problema che la politica, specialmente quella calabrese, deve porsi: si può fare impresa in Calabria, si può fare turismo in Calabria, senza presumere a priori la connivenza con la ‘ndrangheta? Lo Stato è presente in Calabria o è sempre quell’entità vaga e lontana espressa dal Cavaliere Chevalley di gattopardesca memoria, dopo la “felice annessione”?
Il problema è questo: è lo Stato che deve garantire le amministrazioni pubbliche, le imprese ed i cittadini dalle infiltrazioni mafiose, o sono i cittadini che devono temere lo Stato per il semplice fatto di vivere ed operare in un territorio dove lo Stato non riesce ad eliminare il fenomeno mafioso?
La società civile sta lottando per questo, non accettando di essere considerati ‘ndranghitista per essere nati in Calabria. Da decenni si sta raccontando tutta un’altra storia (è lo slogan di Locride Capitale della Cultura) e questo giornale, con “Polsi Ambiente”, entra nel cuore più segreto della regione, per parlare normalmente e liberamente di problemi normali come ambiente e legalità.
Lo scioglimento del Comune di Tropea ha un peccato d’origine di difficile spiegazione. Sono anni, difatti – fin dalla Presidenza Morra della Commissione antimafia – che si chiede al Prefetto di Vibo Valentia di disporre una commissione di verifica sull’amministrazione. Invito caduto nel vuoto per anni ed improvvisamente raccolto a fine 2023. Senza – per quanto a mia conoscenza – che siano stati dedotti fatti nuovi.
Certo che molti interrogativi dovremo porceli tutti, se nelle motivazioni dello scioglimento non ci sarà qualcosa di più delle parentele del sindaco stesso e di qualche componente della giunta e del consiglio.