Le investigazioni sono state eseguite dalla Compagnia Reggio Calabria e coordinate dalla locale Procura della Repubblica. Sequestrate 3 società e beni per un totale di oltre 5 milioni di euro.
I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, in seguito alle indagini solve sull’operazione “Great failure” hanno eseguito la misura cautelare personale degli arresti domiciliari nei confronti di 3 persone e il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di quote e patrimonio aziendale di 3 società, operanti nel capoluogo reggino, nel settore della distribuzione, nonché delle disponibilità economiche e patrimoniali dei 6 indagati fino alla concorrenza di 5.292.384,20 euro per i reati di bancarotta fraudolenta aggravata, estorsione aggravata, omessa dichiarazione, occultamento o distruzione di documenti contabili e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
il G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria, Dott.ssa Diletta Gobbo, su richiesta della Procura della Repubblica, sotto la direzione del Procuratore Aggiunto Dott. Gerardo Dominijanni e con il coordinamento del Sostituto Procuratore Dott. Andrea Sodani, ha emesso un’ordinanza di applicazione di misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di due soggetti reggini (C.A., cl. ’70, C.A.C., cl. ’76) e uno messicano (M.I.F.V., cl. ‘72)
Le indagini, con al comando Giovanni Bombardieri, hanno permesso di accertare l’esistenza di un sodalizio criminale, composto dai 3 arrestati, che, in concorso con altri soggetti, e secondo un modus operandi delittuoso, fraudolento e ben definito, omettevano
sistematicamente di onorare i propri debiti (nei confronti dei creditori, dei lavoratori e dell’erario) attraverso delle società “schermo”, ovvero aziende, aventi simile oggetto sociale e facenti capo agli indagati, erano intestate a prestanome, spesso reclutati tra i dipendenti delle stesse.
I responsabili, onoravano i propri debiti solo inizialmente e si tutelavano dalle azioni
creditorie attraverso contratti simulati che consentivano loro di occultare la reale proprietà
dei beni aziendali. Una volta fatte fallire le società, costituivano nuove realtà aziendali, in
assoluta continuità con le precedenti (stesso oggetto sociale, stesse sedi, stessi
dipendenti), ove facevano confluire le risorse patrimoniali fraudolentemente celate. Agli indagati, inoltre, sono state contestate condotte estorsive a danno dei dipendenti,
costretti a ricevere una retribuzione inferiore rispetto a quella presente in busta paga,
dietro implicita minaccia di licenziamento.