Bruno Gemelli ci parla oggi di Vittorio Nisticò, giornalista di prim’ordine che lottò a lungo contro la mafia e le sue oppressioni.
Bruno Gemelli
La nascita della mafia precede di molto la nascita dell’antimafia. Per la definizione di entrambe ci sono tante scuole di pensiero. La mafia italiana si può dire che sia nata in Sicilia nel 19° secolo, come braccio armato della nobiltà feudale latifondista e poi suo sostituto e intermediario nei rapporti col ceto contadino.
Mentre per l’antimafia si può azzardare una data precisa: il 30 giugno 1963. Quel giorno nella borgata agricola chiamata Ciaculli, alla periferia di Palermo, un’Alfa Romeo Giulietta imbottita di esplosivi saltò in aria procurando una strage in cui persero la vita sette militari. La fase istruttoria durò a lungo.
Il processo, per decisione della Cassazione, fu trasferito da Palermo a Catanzaro, per “legittima suspicione” e iniziò il 23 ottobre 1967. E fu il primo grande processo contro la mafia siciliana. In quegli anni e in quelle circostanze nacque in Italia la Commissione parlamentare antimafia. Il capoluogo calabrese, quale unica sede regionale di Corte d’Appello, era abituata ad ospitare processi importanti e di livello nazionale. Già nel 1912 si tenne a Catanzaro il processo a carico dell’avvocato palermitano Paolo Paternostro, imputato per un delitto d’onore. Un altro processo rilevante fu, nel decennio successivo, quello per la strage di Piazza Fontana.
In parallelo la materia si macchiò d’inchiostro. La vulgata generale sostiene che il primo libro di mafia in Italia, e quindi nel mondo, appartenesse a Leonardo Sciascia con “Le parrocchie di Regalpetra” (1956) e “Il giorno della civetta” (1961). In realtà il record lo detiene scrittore calabrese Saverio Montalto (pseudonimo di Saverio Barillaro, veterinario di Ardore) che scrisse negli anni ’40 era, è, “La Famiglia Montalbano”, una definizione che l’autore usava per chiamare la ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria; un modo originale e diverso dal linguaggio convenzionale.
Solo più tardi, l’altro illustre scrittore calabrese, Saverio Strati, con il romanzo “Il selvaggio di Santa Venere”, proporrà racconti di malandrineria.
Letteratura a parte, l’Antimafia in Italia nacque sessantasei anni fa con un’inchiesta giornalistica in ventuno puntate, la prima della storia, e una bomba che distrusse la tipografia. Era il 1958 a Palermo e un piccolo quotidiano del pomeriggio, “L’Ora”, con una redazione di giornalisti in gran parte intellettuali di estrazione social-comunista, si misurava con l’organizzazione criminale, che sarebbe divenuta la più potente del mondo, nonché con i suoi padrini politici. A guidarlo c’è un giovane direttore Vittorio Nisticò, nato a Soverato nel 1919.
Diresse “L’Ora” per ben 20 anni, dal 1955 al 1975. In quel tempo anni furono uccisi tre giornalisti dell’Ora: Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato. Il giornale palermitano ebbe, negli anni, come editore, il Partito comunista di Togliatti e poi di Longo e poi di Berlinguer. Nisticò si formò come giornalista nel dopoguerra, nei quotidiani di area comunista, in particolare si affermò a “Il Paese” diretto da Tommaso Smith, come brillante notista politico. A 35 anni l’editore Amerigo Terenzi gli affidò la direzione de “L’Ora”, la testata fondata da Ignazio Florio, originario di Melicuccà, che aveva avuto come direttore, nel 1904, Edoardo Scarfoglio. Nisticò diede prova di curiosità intellettuale e indipendenza di giudizio anche rispetto al Pci di cui pur faceva parte. Nel 1978, L’Ora entrò in una fase di difficoltà economiche che ne minacciavano l’esistenza. Per salvare la testata, Nisticò fondò una cooperativa di giornalisti che per dieci anni gestì L’Ora. Poi il giornale tornò alla gestione diretta della proprietà, riconducibile al Pci, fino alla cessazione delle pubblicazioni nel 1992. Nisticò restò punto di riferimento per le decine di giornalisti dell’Ora proiettati dalla diaspora in varie testate, alcuni con compiti di direzione. Lui fondò e diresse per alcuni anni il mensile di cultura e politica mediterranea Euros. Nel 2002 gli fu assegnato il Premio Saint-Vincent di giornalismo alla carriera e nel 2003 Carlo Azeglio Ciampi lo nominò grande ufficiale al merito della Repubblica
Sulla figura e l’opera di Nisticò ci sono alcuni saggi editi da Sellerio, oltre che una pubblicazione diffusa dalla Regione Siciliana.