Francesco Marrapodi ci parla della censura avvenuta ad Agna durante un canto natalizio dedicato a Gesù e del tanto, forse troppo, politicamente corretto che sta serpeggiando nella nostra società.
Francesco Marrapodi
Oggi è stato profanato il sacro tempio della Verità! Mentre nel presepe di Cesena si mettono le catene alla statua del bambinello per impedire che venga rubato per l’ennesima volta, alcune insegnanti della scuola elementare De Amicis di Agna, in provincia di Padova, nel testo della canzone della recita natalizia, hanno sostituito il nome di Gesù con la parola cucù. Questo è un oltraggio alla libertà di culto, in un paese che sembra sempre più meno del popolo che lo costituisce. È senza alcun dubbio un’azione inaccettabile, e getta onta sulla filosofia che la ha suggerito. Se non vi si pone rimedio, potrebbe accadere di peggio in futuro.
Una legge a tutela della nostra cultura sarebbe l’ideale; un decreto che punisca chi prende iniziative contro i nostri principi religiosi. A tutto c’è un limite e davvero non dobbiamo lasciare che prevalga l’esagerazione. Questo (per così dire iper-buonismo) ferisce, oltre che minare le basi culturali di una nazione come la nostra che, in materia di religione, ha unificato parte del mondo. Anche perché, qualora si ripetessero eventi del genere, si potrebbe andare incontro a proteste collettive, talvolta volte a degenerare.
Ne danno prova le reazioni dei ragazzi dell’istituto Marconi di Verona che, come risposta alle provocazioni delle maestre di Agna, nel saggio di fine anno, hanno intonato all’unisono, a squarciagola e in mero tono di sfida la nostra sempre amata: “Tu scendi dalle stelle”.
Noi siamo uno dei popoli più antichi della terra e non vedo perché dobbiamo rinnegare la nostra cultura millenaria. Non lo dobbiamo fare, non se non siamo noi a volerlo e non allo scopo di non causare dispiacere alle altre etnie. Mi riferisco a quelle collettività di extracomunitari che, per umana compassione, abbiamo dato tanto. Abbiamo dato accoglienza, asilo, casa, lavoro e tutto ciò che gli è stato negato in patria loro. In cambio esigiamo rispetto per le nostre convinzioni e considerazione per noi stessi. Del resto siamo un Paese democratico dove vige la libertà di culto.