Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data del 20 Giugno.
Accadde che:
1791 (230 anni fa): il re di Francia Luigi XVI fugge da Parigi, insieme alla regina Maria Antonietta e ai figli per raggiungere la piazzaforte monarchica di Montmédy. Il piano di fuga viene pensato a partire dalla fine del 1790, ma sono alcuni eventi che convincono definitivamente il re a metterlo in atto: la morte del conte di Mirabeau, un esponente moderato, che ha mantenuto relazioni segrete con l’ambiente di corte e gli avvenimenti del 18 aprile 1791, quando una folla minacciosa impedisce ai reali di lasciare il palazzo delle Tuileries, per andare al castello di Saint-Cloud, a celebrare le festività pasquali. Vista la situazione Luigi XVI autorizza il proprio entourage e quello della regina Maria Antonietta ad organizzare nei minimi dettagli la fuga. Il disegno consiste nel raggiungere la piazzaforte monarchica di Montmédy, da dove il sovrano avrebbe potuto guidare la controrivoluzione. Il convoglio dei fuggitivi viene fatto passare per quello della baronessa di Korff, vedova di un colonnello russo, che si sta recando a Francoforte con due bambini, una governante, un maggiordomo e tre domestici. Alle ore 22,30 del 20 giugno, viene attuato il piano di fuga della famiglia reale. Il gruppo dei fuggiaschi è composto da: Luigi XVI, Maria Antonietta, i due principini, la governante Louise Elisabeth de Croy, Madame Elisabeth sorella del re e tre domestici. Prima di uscire dalla residenza Luigi XVI lascia nella sua camera un testo di 16 pagine scritto di suo pugno, intitolato “Dichiarazione a tutti i Francesi“, con tale documento giustifica la sua partenza da Parigi. Dopo un giorno di viaggio i fuggitivi arrivano a Varennes, una piccola cittadina situata a nord-est della Francia. Qui un uomo riesce a smascherare la vera identità di Luigi XVI. Le autorità locali, incredule di trovarsi di fronte il proprio sovrano, fanno alloggiare la famiglia reale in una locanda e dopo una nottata insonne decidono di interrompere il loro viaggio. Alle 7 del 22 giugno arrivano a Varennes anche alcuni commissari dell’Assemblea nazionale, che prendono in consegna i fuggiaschi e li riconducono a Parigi. I parigini rimangono sgomenti quando apprendono la notizia; per molti l’evento rappresenta un trauma, poiché crolla improvvisamente la figura centrale del nuovo apparato statale, il garante degli equilibri di potere. La delusione e la rabbia si diffondono in tutto il paese. L’Assemblea nazionale cerca disperatamente di salvare il salvabile diffondendo la notizia che il re, in realtà, sia stato rapito da agenti controrivoluzionari. Una bugia grossolana e di facciata alla quale nessuno crede. Quando la berlina reale rientra nella capitale trova ad accoglierla una folla immensa e ammutolita; gli uomini al passaggio della carrozza tengono il proprio cappello in testa. Poco prima, infatti, è stato diramato un ordine perentorio: “Chi acclamerà il re sarà bastonato; chi lo insulterà sarà impiccato”. Luigi XVI, però, non perde la calma neanche in questa occasione, tanto che, come annota uno dei commissari che lo scortano: “Egli era flemmatico e tranquillo come se nulla fosse stato; sembrava che tornasse da una partita di caccia”. La tentata fuga di Luigi XVI rappresenta un punto di svolta per la Rivoluzione francese, con conseguenze significative per la storia della Francia.
1979 (42 anni fa): Per la prima volta in Italia una donna, Nilde Iotti, viene eletta presidente della Camera dei deputati. Occupò lo scranno più alto di Montecitorio per tre legislature, dal 1979 al 1992: un primato ancora oggi incontrastato nell’Italia repubblicana. Figlia di un ferroviere e sindacalista socialista, Egidio, licenziato a causa del suo impegno politico, visse gli anni dell’adolescenza in un contesto di forti difficoltà economiche. Rimase orfana del padre nel 1934 e poté proseguire gli studi grazie a borse di studio, che le permisero di iscriversi all’Università Cattolica di Milano, laureandosi in lettere nel 1942. A seguito della situazione in cui era precipitata l’Italia dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 prese forma il suo interesse verso la politica, avvicinandosi al PCI e partecipando alla Resistenza, svolgendo inizialmente la funzione di staffetta porta-ordini, poi aderendo ai Gruppi di difesa della donna, formazione antifascista del PCI, diventandone un personaggio di primo piano. Parallelamente nel 1946 iniziò a Roma la sua relazione con il Segretario Nazionale del PCI, Palmiro Togliatti, di 27 anni più anziano (già marito di Rita Montagnana e padre di Aldo), che durerà fino alla morte del leader comunista, nel 1964. Il loro legame divenne pubblico nella contingenza dell’attentato del 1948. Iotti e Togliatti, insieme, chiesero e ottennero l’affidamento di una bambina orfana, Marisa Malagoli, sorella minore di uno dei sei operai uccisi a Modena da agenti della Celere il 9 gennaio 1950, nel corso di una manifestazione operaia. Nel 1956, entrò a far parte del comitato centrale del Partito e nel 1962 della direzione nazionale. Rieletta nel 1963 alla Camera, fu membro della Commissione Affari Costituzionali, incentrando la sua attività sulla rilevanza del ruolo femminile nel mondo del lavoro e delle relazioni familiari. Negli anni successivi il suo impegno principale risultò essere la riforma delle norme civili, quali l’introduzione del divorzio nell’ordinamento giuridico e nel successivo mantenimento attuato col referendum abrogativo del 1974. All’apertura della VIII legislatura, nel 1979, le forze politiche concordarono sulla necessità istituzionale di eleggere un appartenente dell’opposizione alla terza carica dello Stato. Al rifiuto di Pietro Ingrao di proseguire nel ruolo istituzionale, la scelta ricadde su Nilde Iotti, eletta al primo scrutinio con 433 voti favorevoli su 615 votanti. Il suo discorso di insediamento pose al centro la figura della donna nella società, l’imparzialità politica e le misure necessarie per combattere il terrorismo: “Io stessa, non ve lo nascondo, vivo quasi in modo emblematico questo momento, avvertendo in esso un significato profondo, che supera la mia persona e investe milioni di donne, che attraverso lotte faticose, pazienti e tenaci si sono aperte la strada verso la loro emancipazione». Nel 1991, a seguito di indiscrezioni secondo le quali lo stesso Cossiga voleva nominarla senatrice a vita, fece sapere di non essere interessata, preferendo rimanere presidente della Camera. Nel 1992 fu, inoltre, la candidata di sinistra alla Presidenza della Repubblica. Nel IV scrutinio ottenne 256 voti, ancora oggi il più alto numero di consensi ottenuti da una donna nel collegio elettorale. Durante la sua vita ricevette, inoltre, numerose mansioni di prestigio quali: la presidenza della Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, costituita il 9 settembre 1992, la presidenza della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, di cui fu anche vicepresidente nello stesso periodo. Rinunciò a tutti gli incarichi il 18 novembre 1999, a causa di gravi problemi di salute. La Camera dei deputati, accolse le sue dimissioni, con un lunghissimo applauso.
Nato oggi:
1868 (153 anno fa): nasce a Monteleone (Vibo Valentia) Vincenzo Franco avvocato, scrittore e poeta. Vibra come grande poeta in dialetto con la raccolta “Rose e spine”, edite nel 1889. Gli annunciati “Memorie e fantasie” e “Studi dialettali” rimasero nel regno delle intenzioni, mentre pubblica, nel 1890, il saggio “Religione, scienza e arte”. Dopo un lungo silenzio, si riaffaccia alle umane lettere, nel 1937, con le “Iscrizioni vibonesi”, che raccolgono fatti e personaggi della sua Monteleone. Muore a Monteleone il 19 giugno 1948.