Enzo Cataldo commenta con vivido cinismo e realismo le conseguenze disastrose che i cittadini della Locride patiranno a causa della chiusura della strada di collegamento Jonio Tirreno.
Enzo Cataldo
Il destino crudele si accanisce nelle comunità della Locride. Ma dei destini a volte gli artefici sono gli uomini con le loro scelte. La strada di collegamento Jonio Tirreno è nata male. Lo si sapeva fin dall’inizio che avrebbe causato gravi e irrisolvibili problemi. Incognite all’epoca negli appalti (ci si è dimenticati che i lavori procedevano per buona parte con la sorveglianza della polizia per paura della criminalità organizzata?), nel percorrere una strada pericolosissima (incidenti continui) e mal illuminata. Ma, soprattutto, si sapeva dell’inadeguatezza di quella galleria lunga 3,6 km piena di insidie. Così è stato per la scelta scellerata del tempo all’alternativa Locri-Cittanova; una superstrada che si collegava col fiume Vacale con una sola galleria di circa 400 metri. Ma la supremazia di una parte della politica del tempo ha preferito questa strada, facendo pagare alle generazioni successive la scelta.
L’ipotetica chiusura della galleria per due anni sarà pagata a caro prezzo dai cittadini della Locride, pendolari, studenti o semplici cittadini, che saranno costretti a percorrere la montagna della Limina o quella di Gerace-Cittanova (strada provinciale n. 1) per poter raggiungere Reggio o Lamezia con indicibili dilatazioni orarie. Cambierà il modo di spostarsi e con esso anche il mondo delle relazioni. Tutto ciò si ripercuoterà gravemente sulla fragile economia della Locride, già ampiamente compromessa da una viabilità interna di per se stessa claudicante.
Ancora una volta sulla Locride scende il tramonto dell’atavica rassegnazione e la convinzione che «bisogna andare via» per non ritornare più, considerato che non vi è nemmeno una strada decente da poter percorrere.