Vito Pirruccio, ex Dirigente scolastico e Presidente dell’Associazione Museo della Scuola “I Care, ricorda il professore Francesco De Bartolomeis, venuto a mancare il 29 giugno scorso, che ha speso una lunga esistenza al servizio della causa del pensiero pedagogico moderno.
Vito Pirruccio
La notizia della morte del professore Francesco De Bartolomeis, uno dei più grandi maestri della pedagogia contemporanea, è stata data il 2 luglio, dopo tre giorni dalla morte e, quindi, a sepoltura avvenuta, dalla nuora l’ex-senatrice PD Vittoria Franco. Appena è apparsa la triste notizia temi come tempo pieno, edilizia scolastica, scuola-laboratorio, istruzione ed educazione, “fare scuola fuori dalla scuola” sono tornati d’attualità e, si spera, non come breve passaggio, ma con l’auspicio che possano riprendere il loro spazio nel dibattito culturale del Paese. Con la morte del professore De Bartolomeis abbiamo finalmente letto, in questo tormentato scorcio d’anno scolastico, qualcosa di interessante su un filone di ricerca portato avanti da quella che lo scrittore-giornalista Christiano Raimo definisce: “La migliore classe intellettuale che questo Paese abbia avuto … che nell’immediato dopoguerra si inventa una cultura democratica per una società che ancora non esiste …”.
Vero! Il professore De Bartolomeis appartiene a quella schiera di allievi di Ernesto Codignola (Visalberghi, La Porta, Ciari solo per citarne alcuni) che all’indomani della caduta del fascismo e con la nascita della Repubblica democratica dà vita a un vasto movimento politico-culturale che porta in Italia il fascino e l’entusiasmo del pensiero di Dewey e dell’attivismo pedagogico. Fioriscono e si espandono sempre di più le “piazze culturali” che danno spinta e linfa propulsiva all’idea di democrazia e di formazione, come il progetto Scuola-Città Pestalozzi a Firenze; lo spazio attrezzato dalla rivista Il Ponte con la visione profetica di Pietro Calamandrei; la vitalità che verrà fuori dal Movimento di Educazione Cooperativa, scuola di pensiero che diffonderà in Italia il credo pedagogico di Freinet. La democrazia si appropria della sua stagione migliore e con la morte a 105 anni del prof. Francesco De Bartolomeis abbiamo lo stimolo a riprendere in mano questa “stagione di sperimentazione e trovare le ragioni”, anche, per ritrovare il bandolo della matassa e uscire dal torpore culturale che attraversa la società italiana.
In una recente intervista, infatti, il professore si era lasciato andare ad un giudizio disarmante: “Tanto non esistendo una politica scolastica, puoi fare ministro un passante …!”. E precisava a Christian Raimo tre anni fa in un’altra intervista: “La Democrazia Cristiana, l’Idealismo, ma perfino il fascismo non sono stati veri ostacoli. Un vero ostacolo sarebbe stato un nostro cedimento, ma noi eravamo agguerriti. Così in ogni regime c’è sempre una certa libertà. Fosse anche per assenteismo del potere. Anche oggi che non esiste una politica scolastica, esistono però dei presìdi che magari si ingegnano, che si danno da fare. Sono meno che isole, certo, sono scogli. Ma possono avvantaggiarsi del fatto che la debolezza dei governanti consiste soprattutto nell’incapacità di impedire”.
Questo spiraglio di speranza manifestato da De Bartolomeis ci deve dare la forza di riprendere in mano il “prodotto di un’esistenza spesa al servizio della scuola e dell’istruzione e della formazione”, fatta di slanci e di passione che intellettuali della sua portata hanno offerto al Paese e al pensiero pedagogico.
Oggi che siamo alle prese con il PNRR e si è “poveri di idee” basta aver l’umiltà di riprendere in mano le opere di De Bartolomeis e del pensiero pedagogico democratico per trovare le ragioni di una nuova concezione del “fare scuola ed essere scuola”. In parte le battaglie degli intellettuali scoperti e incoraggiati da Ernesto Codignola, da Benedetto Croce, da Pietro Calamandrei sono ancora battaglie aperte e, per quanto riguarda il Sud e la Calabria, ancora da completare se non da iniziare di sana pianta. Penso alla Scuola 0-6 anni (Francesco De Bartolomeis scrisse il primo testo di pedagogia dedicato alla Scuola dell’Infanzia nel 1968: “Il bambino dai tre ai sei anni” edito da La Nuova Italia Editrice); alla Scuola a Tempo Pieno (Nel 1975 Francesco De Bartolomeis viene chiamato da Diego Novelli per istituire il Tempo Pieno e le mense scolastiche nelle scuole torinesi); all’Edilizia scolastica innovativa della scuola-laboratorio, idea cardine dell’attivismo pedagogico di John Dewey che occorre ricordarlo, già nel lontano 1896, realizzò a Chicago la “scuola laboratorio” – scuola elementare annessa all’università dove insegnava.
Si spera, infatti, che venga al più presto riaperto il libro delle idee e la massa di soldi che sta per catapultarsi nelle scuole meridionali e nei Comuni del Sud non vada a foraggiare progetti e progettini dei “soliti” accalappia denari, ma vada a costruire quelle che Alberto Alesina e Francesco Giavazzi chiamano “le case di voi ragazzi”. Case-ambienti per l’apprendimento senza pericoli, spazi pensati per ragazzi e non per adulti, ambienti aperti dalle 7,00 alle 18,00 e chiusi solo 6 settimane all’anno. Sarebbe un modo per rendere memoria a quanti come il professore Francesco De Bartolomeis hanno speso, è il caso di dirlo, una lunga esistenza al servizio della causa del pensiero pedagogico moderno.
P.S.
A proposito della ricerca pedagogica e per rendere giusto riconoscimento a quanti si sono spesi per far conoscere l’attivismo pedagogico in Italia, un posto di rilievo merita Fortunato Brancatisano, reggino, locrese e originario di Nardodipace. L’Associazione Museo della Scuola “I Care!”, quanto prima, si interesserà presso le autorità del Comune di Nardodipace per proporre la fruizione al grande pubblico dei 300 volumi provenienti dalla biblioteca personale di Fortunato Brancatisano, studioso in rapporti personali con il filosofo J. Dewey. Una storia calabrese, purtroppo, sconosciuta al grande pubblico.