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lunedì, Novembre 25, 2024
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Egemonia culturale e intellettuali

Francesco Martino 

Leggevo giorni fa, una considerazione di un noto intellettuale progressista che affermava che, ancora adesso, malgrado il repulisti che la destra al governo sta facendo nei media, la stessa formazione non ha una intellettualità numericamente importante, mentre ha invece ascolto tra i normali cittadini, in particolare tra le aree disagiate e lui non si riteneva colpevole di questa situazione.

Aggiungo che la parte politica avversa al governo ha perso il contatto con quella che una volta si definiva il “popolo” di sinistra, che la votavano per gli ideali di giustizia e il sogno di un avvenire migliore, proposti dai “progressisti”.

Non mi piace parlare di “popolo”, un miscuglio indefinito, in cui puoi inserirci tutto.

Anche la destra ha il suo elettorato e attualmente una preponderanza notevole nelle aree periferiche, quelli attraversati dalle crisi aziendali, quelli penalizzati dalla globalizzazione, i disoccupati incolpevoli e quelli che odiano quelli che stanno peggio di loro.

Mentre gli intellettuali si crogiolano tra giornali, riviste e TV, e discutono tra di loro, in un amichevole scambio di affettuosità e complimenti, dividendosi titoli culturali, il mondo si sposta in un’altra direzione.

Si tenga presente che gli irregolari, quelli non legati a nessuna di queste aree, viene accettato, quando non si può fare a meno, in quei dibattiti che le maggiori reti di informazioni trasmettono quotidianamente.

In particolare la questione della pace e della guerra che attraversa ormai il nostro quotidiano è un tabù.

Infinite discussioni sulla battuta di questo o quel parlamentare, spesso ignorante da far paura, ma gli intellettuali critici vengono tenuti a distanza.

Si preferisce il chiacchiericcio tra sempre gli stessi personaggi, tuttologhi ignoranti e supponenti, a una informazione di qualità.

La lunga scia del ventennio berlusconiano è ancora tra di noi, non si trova molta differenza tra le reti pubbliche e private, qualche trasmissione accettabile, ma per avere notizie reali occorre addentrarsi in reti nuove o estere, o addentrarsi nei social, dove le fake  e  la disinformazione la fa da padrone.

Eppure di intellettuali veri, critici con il potere e anche con la parte più vicina, ne avremmo bisogno, come il pane.

L’egemonia culturale, di cui tanto la destra parla e sui valori su cui sta sparando per rimettere in gioco i suoi principi, che profumano di vecchio, di ritorni al passato, e su cui per anni i progressisti se ne sono fatti latori, mi è sempre apparsa un’accettazione di una sconfitta culturale, che, con il crollo del muro, ha travolto la vecchia sinistra.

Il liberalismo democratico, trionfante per molti anni in Europa, ha mandato in macerie tutti quegli ideali che avevano portato l’Italia ad avere una Costituzione avanzata, fondata sul lavoro, la pace e la giustizia e sui diritti inalienabili dei lavoratori e sociali.

Smantellati colpevolmente senza reagire, anzi facendosi esecutori (art. 18, precarietà, salute, pensione, scuola).

Le aspirazioni sotterrate dal “buon” governo, scambiando posti di comando con l’esecuzione dei diktat  dell’Europa e con questo perdendo quell’elettorato che li aveva portati al potere.

Disamine di un passato che servono ancora di più, perchè il governo sta tentando di ribaltare conquiste sociali che sembravano acquisite, in particolare i diritti delle donne di gestire il proprio corpo (pillola, gravidanze indesiderate).

Riprendere un cammino interrotto, riuscire a controbattere punto per punto, aprire luoghi di dibattiti allargati, riannodare i contatti con i disagiati, gli esclusi, quelli che si sono sentiti abbandonati non è facile, ma si parte da questo per essere egemoni, non ci sono alternative.

 

 

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