Pasquino Crupi, la letteratura calabrese raccontata ai ragazzi… e dai ragazzi, un viaggio nella letteratura calabrese. Poeti e scrittori calabresi, che rivivono in questo scrigno voluto da Pasquino Crupi e da giovanissimi ragazzi che, come per incanto, hanno scoperto il loro tesoro.
Giuseppe Gervasi
Una mappa del tesoro, che un dirigente scolastico in pensione, intenerito dalla mia sete di sapere, decide di lasciarmi su un banco frigo di un bar di paese.
Il barista mi indica un libro, umido nella quarta di copertina, forse ha assaggiato il liquido contenuto dentro il congelatore.
Pasquino Crupi, la letteratura calabrese raccontata ai ragazzi… e dai ragazzi, mi sento di aggiungere: dopo un’attenta lettura.
Lo porto a casa e inizio a sfogliare e leggere le prime pagine: una semplicità rivoluzionaria ed esteticamente efficace.
È un viaggio nella letteratura calabrese.
Letteratura calabrese… e la meraviglia si accende durante la lettura.
Come un moderno cercatore di tesori entro nel bosco fitto per trovare la luce.
Cassiodoro, Nilo, Gioacchino da Fiore, Barlaam, Leonzio Pilato, Bernardino Telesio, Tommaso Campanella, Lorenzo Calogero, Leonida Repaci, Saverio Montalto, Fortunato Seminara, Mario La Cava, Saverio Strati, Corrado Alvaro, Sharo Gambino, Franco Costabile, Mastru Brunu, Giuseppe Coniglio, Gilda Trisolini, Marianna Procopio e tanti altri: ci vorrebbe una strada di nomi e di stelle.
Poeti e scrittori calabresi, che rivivono in questo scrigno voluto da Pasquino Crupi e da giovanissimi ragazzi che, come per incanto, hanno scoperto il loro tesoro.
La letteratura calabrese che nasce sui banchi di scuola, nei cuori e nelle menti di ragazze e ragazzi e nella voglia di un grande conoscitore della letteratura di Calabria: Crupi.
“Vi propongo un gioco” disse Pasquino ai giovanissimi studenti e giocando hanno piantato un seme nel deserto voluto, imposto, da chi toglie la luce e l’acqua alla nostra terra.
La letteratura calabrese esiste!
Il tesoro è dentro di noi, è dentro il passato di chi si è fatto bambino per diventare grande: il Pasquino fanciullo.
Eppure, si dimentica tale fanciullezza letteraria e la lectio magistralis di turno si perde nell’area pesante.
Bisogna studiarla la letteratura calabrese, bisogna studiare la letteratura italiana con la curiosità dei bambini, che conoscono giocando e nel gioco imparano.
Abbiamo smesso troppo presto di giocare e di ubriacarci della leggerezza di Calvino.
Bisogna elevarsi dalla pesantezza della vita e la letteratura deve perseguire tale obiettivo per evitare il baratro del complesso mondo in cui viviamo.
È questo l’insegnamento più grande che Pasquino Crupi, quei ragazzi e quelle ragazze, quelle maestre e quei maestri ci hanno lasciato: per crescere bisogna farsi piccoli e nel gioco della leggerezza si può conoscere il mondo.
Pagina dopo pagina,
nessun accenno ai letterati calabresi.
Un Pasquino fanciullo
insieme ad altri fanciulli
decidono di inoltrarsi nel bosco
e di cercare la luce:
la città del sole di Campanella,
l’isola che non c’è.
All’improvviso la luce e una barca a vela,
al timone il vento,
che li condurrà nell’isola che esiste,
dove vivono i tanti calabresi in viaggio,
nell’attesa di un ritorno
che si intravede all’orizzonte.