Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data del 27 Maggio.
Accadde che:
1703 (320 anni fa): lo zar Pietro I di Russia fonda la città di San Pietroburgo. Pietro il Grande fece iniziare gli scavi della fortezza dei Santi Pietro e Paolo sull’isola delle Lepri, al centro della Neva, in una zona paludosa e selvaggia, praticamente disabitata. Il nome originale di Sankt Piter burkh era stato conferito in lingua olandese, poiché Pietro il Grande aveva vissuto e studiato sotto mentite spoglie nei Paesi Bassi per un periodo di tempo, ed era divenuto un grande ammiratore della corte e dell’architettura olandese. La città venne concepita fin dall’inizio come porto commerciale e base navale. Un po’ alla volta, nella mente del sovrano prese forma l’idea di una città vera e propria, costruita dal nulla, in una zona peraltro totalmente inospitale. La città finì per rappresentare, per Pietro, la fuga da tutto ciò che non sopportava della vecchia Russia e fu destinata ben presto a divenire la nuova capitale dell’impero russo.
1930 (93 anni fa): lo statunitense Richard Drew inventa il nastro adesivo. Egli lavorava con l’azienda produttrice di carta abrasiva. Durante una prova campioni di carta vetrata in una di queste officine, Drew notò le enormi fatiche dei tinteggiatori per preparare le cosiddette maschere sulle parti da verniciare delle auto bicolori, che pian piano si facevano largo tra le Ford tutte nere. Era necessario che le maschere fossero create e applicate con più rapidità, ci voleva qualcosa che aderisse bene al metallo, che fosse facile da rimuovere e che soprattutto non si attaccasse a sé stesso. Sfruttando la popolarità dell’impiego del cellophane, Drew pensò di ottenerne un nastro al quale applicare una mistura collante, da un lato solo. Le prime prove furono poco convincenti, anche perché la quantità dell’adesivo non era mai abbastanza, dovendo essere spalmato facilmente sul cellophane che spesso si piegava e arricciava durante la stesura. Poi, grazie a una nuova formula per la colla, che la rendeva più spalmabile, il quantitativo di adesivo raddoppiò e soprattutto il nastro reggeva, applicato anche con una piccola pressione delle mani.
Nato oggi:
1923 (100 anni fa): nasce, a Firenze, Don Lorenzo Milani, nome completo Lorenzo Carlo Domenico Milani Comparetti, presbitero, scrittore, docente ed educatore cattolico. La sua figura di prete è legata all’esperienza didattica rivolta ai bambini poveri nella disagiata e isolata scuola di Barbiana. Secondo dei tre figli di Albano Milani e Alice Weiss, Lorenzo appartiene ad una ricca e colta famiglia fiorentina di scienziati e cattedratici; conosce bene il valore della cultura, ed ha una passione: la pittura. Dopo la maturità classica, mentre sta affrescando una cappella sconsacrata, scopre la sua vocazione e si converte al cattolicesimo. Nel 1943 entra in seminario, la famiglia non approva la sua scelta religiosa, infatti, alla cerimonia della tonsura, l’atto d’ingresso alla vita ecclesiastica, nessuno dei parenti sarà presente. Don Milani si convince che sia dovere della Chiesa occuparsi dell’istruzione dei suoi fedeli, soprattutto dei più deboli. Così, fonda la scuola popolare, dove inizia il suo impegno: dare alla gente, di cui è spiritualmente responsabile, il massimo possibile di acculturazione nel senso di conoscenza, ma soprattutto di capacità critica. Decide di partire dalla lettura dei giornali in classe, analizzando i temi dell’attualità e soffermandosi a lungo sui termini difficili. Egli è convinto che solo la cultura possa aiutare i contadini a superare la loro rassegnazione e che l’uso della parola equivalga a ricchezza e libertà. A San Donato il sacerdote costruisce una comunità, dove ogni regola gerarchica viene sconvolta. È un uomo scomodo, esigente, provocatore e, per questo suo carattere, viene isolato e nominato priore di Barbiana, un piccolo paesino sui monti del Mugello. Appena arrivato fa un gesto simbolico: costruisce dal nulla la sua scuola popolare per giovani operai e contadini acquista un posto dal nulla e nel nulla, si preoccupa di aiutarli a liberare la loro dignità e la loro cultura, attraverso la parola per essere meglio in grado di affrontare le difficoltà della vita. Per convincere i genitori a mandarvi i propri figli, il parroco utilizza ogni mezzo, persino lo sciopero della fame. Quella di Barbiana è una scuola all’avanguardia; si studiano le lingue straniere: l’inglese, il francese, il tedesco e persino l’arabo; si organizzano viaggi di studio e lavoro all’estero. Nel 1967, Don Lorenzo Milani scuote la Chiesa e tutta la società italiana con un libro: “Lettera a una professoressa”, scritto insieme ai ragazzi della scuola di Barbiana. Il libro denuncia l’arretratezza e la disuguaglianza presenti nella scuola italiana che, scoraggiando i più deboli e spingendo avanti i più forti, sembra essere ispirata da un principio classista e non di solidarietà; un atto d’accusa verso l’intero sistema scolastico. È scritto in un italiano semplice; la prima stesura viene fatta leggere da un contadino che sottolinea le parole che non capisce, affinché l’autore possa apportare al testo tutte le modifiche necessarie e renderlo accessibile a tutti. Il libro, però, riceve un’accoglienza fredda, un’unica eccezione illustre: Pier Paolo Pasolini. Soltanto dopo la morte del priore il libro diventa un caso letterario, diventando uno dei testi sacri del ’68 italiano. A causa di una grave malattia, il morbo di Hodgkin, di cui soffre da anni, Don Lorenzo, si spegne, a soli 44 anni.