Pentedattilo, prima di essere visitato, e quindi vissuto, va percepito. Di fronte ai luoghi, ovvero beni comuni, ci sono due modalità di approccio. Uno, sentire ogni luogo altro da sé. Ciò che è di tutti non è mio, anzi, non è di nessuno. L’altro modo è sentirsi proprietario, azionista di maggioranza, ospite d’onore. Ciò che è di tutti è mio. È casa mia.
Mario Alberti
Ormai da un paio di mesi, un po’ silenziosamente, un gruppo sparuto, ma non spaurito e ancora non sparito, di cittadini melitesi sta cercando di valorizzare il Borgo di Pentedattilo attraverso piccole e sostenibili operazioni di pulizia. Sono state pulite le scale del castello degli Alberti. Che circonda il borgo ma rimane, francamente, poco evidente. Adesso però si può salire in cima, senza timore di cadere a causa di erbaggi piuttosto scivolosi. E da lì vedere quanto è bello il Mondo. Sono stati puliti altri luoghi. Agli eventi estemporanei hanno partecipato anche ragazzine e ragazzini, creando un ponte generazionale percorso dall’impegno civile ed amore verso i luoghi.
D’altronde, cos’è l’educazione se non l’esempio? Cos’è la crescita se non l’integrazione cognitiva dell’esperienza personale basata su fatti, azioni e relazioni?
Pentedattilo è un luogo amato ed ammirato da centinaia di persone che provengono da qualsiasi luogo, spesso visitato in modalità estemporanea e vive mesi di silenzio e solitudine, per poi riaccendersi un po’ durante l’estate. O nei fine settimana.
Viene vissuto un po’ di meno dai cittadini dell’area cosiddetta grecanica.
Come sempre un luogo che è bello per gli altri viene vissuto con indifferenza da chi, tutte le mattine, aprendo la finestra, se lo trova di fronte.
Pentedattilo passò alla storia, soprattutto letteraria, per la famosa strage degli Alberti, Signori del tempo e del luogo, presunti avi, avvenuta la notte di Pasqua del 1686.
Quindi, per me, pulire dalle erbacce le scale del Castello degli Alberti è simbolicamente pegno di umiltà in un luogo che vedeva il mondo diviso in servi e padroni.
Ma queste sono azioni di ideologica compensazione. Poco c’entrano con il recupero modesto e simbolico che un gruppo di cittadini cerca di fare.
Pentedattilo, prima di essere visitato, e quindi vissuto, va percepito.
Di fronte ai luoghi, ovvero beni comuni, ci sono due modalità di approccio.
Uno, sentire ogni luogo altro da sé.
Ciò che è di tutti non è mio, anzi, non è di nessuno.
L’altro modo è sentirsi proprietario, azionista di maggioranza, ospite d’onore.
Ciò che è di tutti è mio.
È casa mia.
Certamente va ammesso che tanti sono i problemi logistici legati al Borgo di Pentedattilo, uno su tutti un sistema inesistente di trasporti sostenibile.
I collegamenti con mezzi pubblici da e verso il paese di Melito sono pressoché inesistenti.
Tutto avviene con mezzi privati.
Questo è un tema che dovrà necessariamente essere affrontato nel momento in cui l’afflusso di gente verso Borgo diventerà sistematizzato, meno estemporaneo.
Semmai accadrà, ma come si spera.
Intanto godiamoci il silenzio del vento.
Si, perché tra quelle rocche a forma di dito il vento non porta voci di fantasmi, ma soltanto introspettivo silenzio.
Mi fermo qui.
Dopo che Pentedattilo fu disegnato da Escher, e scritto da Lear, ci mancherebbe che un presunto avo dei Signori del tempo immobile azzardi anche lui percorsi letterari.
Ma anche si, direi.
Il famoso gruppetto di cittadini estemporanei convinti che Pentedattilo sia patrimonio dell’umanità, e quindi proprio, ha anche immaginato di dare vita ad una serie di piccoli e sostenibili eventi estivi.
Per esempio, letture collettive seduti a cerchio nel belvedere che domina la vallata.
Leggere di bellezza e nostalgia dove il luogo diventa parola.
O musica estemporanea, con una chitarra, come si faceva in spiaggia quarant’anni fa.
O altro che vorranno fare altri.
Perché gli altri, ovvero chiunque leggendo questo pezzo desideri aggiungersi, o fare da sé, che va anche bene, sono valore e futuro.
Tutto questo sempre con leggerezza, senza obblighi, imposizioni o giudizi nei confronti di chi non prenderà la ramazza e il libro.
Assolutamente no.
La nostra sfida più grande è diffondere l’amore verso il Borgo di Pentedattilo, obiettivamente un po’ trascurato ed ignorato dai concittadini.
A loro, sommessamente, consigliamo di andarci, nel Borgo.
Se intorno, nel logorio della vita moderna (cit) , ogni giorno ci si perde, tra quelle rocce insultate dal vento, ci si potrebbe ritrovare.
E ritrovare se stessi è sempre un buon motivo.