Bruno Chinè
Non si può parlare di ritorno, perché Mario Nirta è sempre presente nel panorama letterario come un fiume carsico: lavora sempre ed ogni tanto emerge per appagare le attese dei suoi fedeli lettori; lo scrittore, infatti, ha tante persone che lo seguono sui giornali e sui media, ma in questi ultimi tempi egli non è molto propenso a pubblicare libri anche se poi, per insistenza degli amici si decide a stampare qualcosa. Così recentemente ha visto la luce Ruscelli di carta numero 2, incoraggiato forse dal successo del primo volume.
Questo libro porta solo il titolo del primo volume, ma i contenuti sono ovviamente diversi perché i ruscelli scorrono sul terreno vasto della vita, come le vene nel corpo, riportando sempre materiale nuovo. Quindi i contenuti sono nuovi ed originali come i fatti della vita, ed hanno in comune col primo volume solo lo stile umoristico e satirico, a volte. Ma Mario Nirta non è un imitatore, non ha modelli cui fare riferimento, non è schiavo di ideologie o dottrine: è un uomo libero ed il suo pensiero si collega solo a quella stagione gloriosa e tragica dell’età dei lumi. Sul piano formale ha un suo proprio stile, che rappresenta quasi l’essenza della propria scrittura e Francesco De Sanctis scriveva che lo stile è l’uomo. Il primo sguardo del libro è rivolto alla Calabria ed ai suoi gravi problemi come sanità e trasporti, peggiorati in questi ultimi anni per l’abbandono della politica nazionale e l’insipienza di quella regionale e locale. Non trascura la drammatica stagione della pandemia che ci colse senza ospedali, senza medici ed infermieri. Volgendo lo guardo al territorio si accorge che ancora oggi i giovani lasciano la loro terra per trasferirsi al Nord o all’estero come facevano i loro padri analfabeti. Tratta questi problemi scottanti e drammatici senza rabbia, quasi con serenità, servendosi della sola arma dell’umorismo e della satira. Il Nirta usa la satira e l’ironia specialmente quando tratta problemi scottanti ed atavici sui quali le generazioni passate di politici ed amministratori hanno fatto poco e spesso male, tra l’indifferenza della gente, anche se poi, ad ogni turno di elezioni amministrative il popolo ha cambiato classe politica, quindi squadra; ma non è servito a niente perché le cose non sono cambiate, anzi sono peggiorate. I ruscelli più belli sono quelli che sgorgano dal suo cuore sensibile ed innamorato del proprio paese e della vita semplice, povera ed onesta che la gente conduceva prima che la natura e l’insipienza degli uomini distruggessero la cultura contadina ed un ambiente naturale. In questi ruscelli l’umorismo scompare e la prosa diventa lirica. Un ruscello toccante è “ Pane di paese “ nel quale riporta un’antica usanza della Calabria contadina quando molti lavoravano il pane in casa, ma in tanti dovevano comprarlo, e questi erano considerati poveri. Per antica usanza ed un senso di solidarietà civile e religiosa ogni famiglia che panificava riservava una parte dell’impasto per fare “ Cugliureglie “per i bambini poveri del vicinato. Poi questa usanza è scomparsa e con essa il senso religioso che la ispirava, ma per fortuna oggi il pane c’è in ogni famiglia. E che dire delle eroiche donne calabresi, dei loro sacrifici, specialmente delle contadine, che mentre i loro mariti morivano in guerra mantenevano la famiglia lavorando nei campi dall’alba al tramonto accudendo nello stesso tempo la famiglia, ed a volte partorendo nei campi. L’immagine della donna che la sera rientra a casa portando un neonato nel grembiule ed un fascio di legna in testa per accendersi il fuoco è degno di stare in un libro di antropologia culturale. Ruscelli di carta è uno sguardo sulla cultura, sulla storia, sulla vita insomma descritta a volte in maniera lirica, a volte con umorismo ed ironia. Ricche di umorismo e divertenti sono le lettere al Papa al Padreterno a Gesù Bambino. Con questo libro Mario Nirta non ha delle verità da rivelarci, anzi è un dissacratore però il lettore trova in ogni ruscello qualcosa che lo fa riflettere e principalmente incontra una lettura piacevole.