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La bellezza della nostra storia: la mulattiera di Nescilacqua

Pino Alfarano

Questo antico sentiero è un frammento della nostra storia contadina, sopravvissuto alle continue e incessanti modifiche del tempo e all’abbandono totale dell’uomo. Nel suo tratto iniziale, attraversa i terreni di Baculìa e Stanò che appartenevano alle due grandi famiglie caminesi del passato: i Politi e i Musuraca. La storica mulattiera, circondata da una natura selvaggia, sembra ben nascondere le sofferenze dei nostri poveri contadini, appesantiti dalla fatica giornaliera e dei tanti adolescenti degli anni Cinquanta- Sessanta, cresciuti, loro malgrado, troppo in fretta sui campi, costretti a percorrerla per andare a lavorare in marina di giorno e a rigovernare, notte tempo le mucche nelle mandrie di Catinanci. Questa mulattiera fu la principale arteria verso la marina, ben tenuta e curata proprio perché molto frequentata; verso il 1957 cominciò a perdere importanza. Da Camini vennero aperti due tracciati, uno verso Stilo e Serra San Bruno (la Palarmiti, dalla ditta che seguì i lavori) e l’altra che collega la frazione di Ellera (la Rozzi…) e la SS 106. L’antico sentiero, segreto e selvaggio, attraverso il quale si scoprono i contrasti di un territorio in bilico, fra abbandono e recupero, è caratterizzato da un paesaggio aspro e inospitale, inciso e modellato dal torrente Nescialacqua. Questo percorso è totalmente ricoperto da arbusti e erbacce; è delimitato, in parte, dai timpuni di Frijiu, di Porticeda -Serre e di Russo, un tempo intensamente coltivati ad ulivi, vigneti e ortaggi, quest’ultimi, soprattutto, lungo il torrente. Oggi la mulattiera è diventata nu violedu boschivo facile vettore d’ incendi; nel suo primo tratto, è ancora visibile il selciato in pietre, ma appena si oltrepassa la Madonna do’ Scogghju, diventa ‘nu veru vaduni (un solco) fino alla salita di Russu. Proseguendo, con difficoltà, a scendere, si arriva nel piccolo slargo dove può ammirare il dipinto della Madonna do’ Scogghju. L’immagine ha sempre profuso sui tanti passanti quotidiani, serenità e pace, riuscendo miracolosamente a dialogare con i loro volti spesso stanchi e affaticati! Purtroppo, quest’icona sta andando in rovina per la negligenza e la trasandatezza dell’uomo che invece, dovrebbe considerarla un bene del patrimonio storico-artistico della comunità, da tutelare. Dai volti della Madre e del Bambinello, trascende tanto amore e tenerezza infinita, che sembrano ergersi su un paesaggio impervio e abbandonato, dominandolo con leggiadria, grazie ed eleganza. La Coniceda fu commissionata nei primissimi anni dell’800, dalla famiglia Musuraca, molto probabilmente, dal capostipite don Raffaele, padre di don Lario e nonno di don Ciccio, che volle scegliere proprio questa strada, via principale del paese, a testimonianza della propria grande devozione per la S.S. Vergine Maria e dell’importanza sociale del proprio casato.

 

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