Il 27 aprile non è stato approvato dalla Camera il bilancio di previsione, non per rispetto a Gramsci, morto 86 anni prima, ma per dei motivi che sarebbe eccessivo qualificare come prova della debolezza della maggioranza. Piuttosto, “quanto so’ ‘gnuranti, signora mia!”. C’era il Ponte lungo, non quello monomania del vicepresidente del Consiglio, ma quello del 25 aprile. Che ci aveva dato un altro esempio di ”‘gnuranza”.
Galileo Violini
Le speranze di un’ implosione dell’attuale maggioranza sono infondate. È una maggioranza solida, forse non monolitica (di monoliti basta quello del Foro Italico, si chiama ancora così o ha ripreso il vecchio nome?), ma la cementa l’ignoranza.
A Roma, come certo sa bene la presidente del Consiglio, dire “quanto sei ignorante” più che all’incultura fa riferimento all’educazione in tutti i suoi aspetti, rispetto alle persone, rispetto alle istituzioni.
Il 27 aprile non è stato approvato dalla Camera il bilancio di previsione, non per rispetto a Gramsci, morto 86 anni prima, ma per dei motivi che sarebbe eccessivo qualificare come prova della debolezza della maggioranza. Piuttosto, “quanto so’ ‘gnuranti, signora mia!”. C’era il Ponte lungo, non quello monomania del vicepresidente del Consiglio, ma quello del 25 aprile. Che ci aveva dato un altro esempio di ”‘gnuranza”.
Un sindaco, avvolto nella fascia tricolore, e, en passant Sottosegretario alla Cultura, prosindaco di altro Comune, assessore di un terzo e ancora, sia pure per pochi giorni consigliere di un importante regione, mentre risuonavano le note dell’inno nazionale, non stava sull’attenti, come prescrivevano i costumi degli antenati, citando l’Arpinate, figlio di un quarto municipio di cui ora aspira essere sindaco, ma si aggiustava gli occhiali e, imperterrito, scriveva messaggi sul suo cellulare. Conoscevamo il rispetto per la bandiera del padre fondatore di uno dei partiti della maggioranza, ora apprendiamo che neanche l’inno nazionale lo merita, sì, resterebbe la Costituzione, ma ….
Ma anche quanto a ignoranza in senso nazionale e non dialettale, questa maggioranza non è mica male!
Tre anni fa, una esponente di uno dei suoi partiti, burlata, come il carceriere di Pellico, dal destino che l’aveva voluta Sottosegretaria alla Cultura (di nuovo questa carica, ma come li sceglieranno?), dichiarò di non aver letto un libro negli ultimi tre anni. Encomiabile che l’ultimo sia stato ”Il castello” di Kafka, comprensibile il meritato successivo riposo.
Qualche mese fa, un altro esponente della maggioranza fece sfoggio di cultura storica. Lui sì qualche libro lo aveva letto. Per amore alla Nazione ne aveva approfondito lo studio, sia pure con ricordi imprecisi, sul Risorgimento e le date dell’Unità e della Guerra in Crimea. Emozione parlando in Senato? Improbabile per un parlamentare di lungo corso.
Decisamente, la storia non è il forte di questa maggioranza. Lo ha mostrato il 25 aprile. Con le sue riscritture del ventennio, e la reinterpretazione della Costituzione, che il presidente del Senato non trova antifascista, forse considerando transitoria tutta la disposizione XII e non solamente la sua seconda parte.
Altri non conoscono nemmeno storici discorsi di LUI, il duce, caro a una buona parte della maggioranza e comunque non imbarazzante per l’altra. Quello del 3 gennaio 1925, che fece seguito a quello, programmatico, del bivacco, del 16 novembre 1924, marca l’origine del ventennio. Fulgido esempio dell’oratoria di LUI, è stato plagiato da un grand commis vicino alla maggioranza che, conoscendolo a memoria, pur non ricordandone autore e contesto, lo avrebbe scritto spontaneamente. Un matematico, Emile Borel, malignamente, permette di escludere che una battitura a caso dei tasti del computer possa condurre a un tale risultato, cosi come. secondo gli esempi di scuola, una scimmia non riscriverebbe Shakespeare o Dante.
Non leggono libri, non ricordano quelli letti, non ricordano i discorsi. Ma non generalizziamo fino a dire che nemmeno vedono i telegiornali, a causa dello strano incidente in cui è incorso il presidente della Camera, quando ha pronunciato Bàkelet il cognome del magistrato Bachelet, professore alla Sapienza, ucciso da terroristi nel 1980. Cognome anche di una ex-presidente del Cile, nonché Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (oddio, questo per la maggioranza non è di grande importanza, e se l’Europa ha idee diverse, no problem. La risposta la offre, amcora una volta, LUI: “Me ne frego”!
Vuoi per l’attentato, vuoi per l’omonimia, vuoi per la sua formazione, (il presidente della Camera, tri laureato – scienze politiche, storia contemporanea e filosofia – certo conosce le regole di pronuncia della lingua della diplomazia), è inimmaginabile un errore per ignoranza. Non sarà stata una complice strizzatina d’occhio all’onorevole Rampelli? O una indicazione della disponibilità della Lega a recuperare l’italianizzazione dei cognomi, impresa per altro ardua dopo che gli Hu, i Chen e i Zhou hanno superato il milanesissimo Brambilla?
Non solo ignoranti. Anche incoerenti. L’onorevole Foti propone benefici per il rientro di cervelli con tre figli minorenni, affidi preadottivi inclusi. Peccato che una tale politica cozzi con i decreti Salvini. Spesso i potenziali interessati hanno famiglie internazionali in cui l’italiano non è lingua principale e il/la coniuge dovrebbe venire in un paese che gli/le nega la cittadinanza. Incentivo al divorzio? Non era questo il governo che protegge la famiglia, quella vera di un papà ed una mamma?
ncoerenza o altro? È pensar male supporre che ci credano ingenui o idioti. Incentivo alla natalità? Gli effetti prima di nove mesi non si vedranno. Più facile pensare che sia un premio per chi già possegga il biglietto vincente di questa lotteria. Improbabile che siano molti. Specie poi trovandosi nella condizione, inconsueta e certo non frequente di avere un affido preadottivo.
Se la proposta dovesse divenire legge sarà interessante conoscerne i beneficiati.
E chissà? Forse Andreotti in cielo (o all’inferno, secondo Craxi) vedrà confermato un suo famoso teorema e riderà come il Sole dietro il Resegone.