Nella prime ore di venerdì 27 gennaio, Fiorello, nella sua trasmissione tele-radiofonica Viva Rai 2, ha festeggiato i settant’anni di Vincenzo Mollica, il noto giornalista del TG1.
Pochi ricordano, molti forse non lo sanno neppure, che Vincenzo Mollica, pur nato a Formigine di Modena (la città della madre, Afra Malagoli), è un figlio della Locride. A sette anni, infatti, la sua famiglia fece ritorno a Motticella di Bruzzano Zeffirio, il paese del padre. Qui frequentò le elementari e le medie e, finalmente a Locri, il Liceo Classico “Ivo Oliveti”.
Qui ebbi la ventura di conoscerlo e di essergli pure compagno di classe al quarto ginnasio.
Ricordo con nitidezza i nostri incontri e le nostre attività di liceali.
Veniva ogni giorno da Motticella con un’auto a noleggio che condivideva con altri quattro studenti liceali provenienti da quella zona.
L’autista poi li aspettava dopo la scuola nella stradina di fianco la Piazza dei Martiri, davanti all’allora Bar Rosso e Nero di Pasquale Gallo, ritrovo concorrente del Bar Arcobaleno di Peppino Aricò: attorno ad essi tutta la Locride.
Già allora era pacato e gentile nei modi e si avvertiva uno spessore umano non consueto: direi addirittura un carisma, ma dubito che tale sensazione possa non essere propria dell’epoca, ma indottami oggi dalla notorietà del personaggio.
Mi è rimasta impressa una giornata passata a casa sua, a Motticella, col padre, che era un personaggio anch’egli notevole, se non ricordo male capo della segreteria di un importante politico DC dell’epoca, ed un pomeriggio a casa mia con un ciclostile che ci eravamo fatti prestare a stampare non so più quale volantino.
Dopo la maturità lui andò a studiare a Milano, io a Roma. Ci perdemmo, anche se fino a un certo punto avevamo reciproche notizie: sapevo dei suoi inizi di giornalista con una TV privata, una novità assoluta per quei tempi.
Poi, dall’assunzione alla Rai in poi la sua ascesa.
Fino alla creazione della definizione “mollichismo” da parte di Aldo Grasso
per il suo buonismo critico, per il non parlare mai male di nessuno e per gli aggettivi superlativi con cui gratificava gli intervistati.
In uno dei miei rarissimi incontri avuti con lui dopo il liceo (l’ultimo credo sia avvenuto verso il 2010 in un bar di Prati, lui era con sua moglie Rosa Maria e con la figlia Caterina) mi aveva detto che non è vero che non c’erano canzoni o film o attori e cantanti che non gli piacevano, ma che lui sceglieva di parlare soltanto di ciò che trovava bello: la critica negativa stava nel non avere considerato degno di un servizio ciò che trovava brutto.
Vincenzo Mollica ha, in questa età che ci accomuna, il demone della vista: ma manifesta una serenità non comune, che da forza: a me certamente che ho altri demoni che mi tormentano.
Credo che abitiamo a pochi metri di distanza, nel quartiere Prati di Roma (la sede Rai ed il Tribunale, i nostri reciproci luoghi di lavoro, sono vicini) ma ovviamente non ci incontriamo mai.
Mi spiace veramente, di non essere stato così lesto, venerdì mattina, di raggiungere Via Asiago prima che i festeggiamenti terminassero per dirgli: Felice compleanno Vincenzo!
O, come forse credo potrebbe preferire, buon compleanno Vincenzo Paperica!
Tommaso Marvasi