Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data del 19 gennaio.
Accadde che:
1853 (170 anni fa): avviene la prima de “Il trovatore” di Giuseppe Verdi, al teatro Apollo di Roma. Il libretto, in quattro parti e otto quadri, fu tratto dal dramma El Trovador di Antonio García Gutiérrez. Fu Verdi stesso ad avere l’idea di ricavare un’opera dal dramma di Gutiérrez, commissionando a Salvadore Cammarano la riduzione librettistica. Il poeta napoletano morì improvvisamente nel 1852, appena terminato il libretto e Verdi, che desiderava alcune aggiunte e piccole modifiche, si trovò costretto a chiedere l’intervento di un collaboratore del compianto Cammarano. Lo stesso Verdi intervenne personalmente sui versi finali dell’opera, abbreviandoli. Il debutto è stato un grande successo, tanto che con nessun’altra delle sue opere, neppure con il Nabucco, Verdi toccò così rapidamente il cuore del suo pubblico.
1966 (57 anni fa): il partito del Congresso Nazionale Indiano nomina Indira Ghandi come suo leader e quindi primo ministro, prima donna in India a diventarlo, in seguito alla morte del precedente primo ministro e membro del partito Lal Bahadur Shastri. Unica figlia del primo ministro indiano Jawaharlal Nehru, subì l’influenza del forte impegno politico di suo padre e di suo nonno. Prese il nome dal marito Feroze Gandhi, dal quale però si separò presto. Il volgersi alla politica coincise, in Indira, con il raggiungimento dell’indipendenza indiana nel 1947 e la nomina del padre a Primo ministro. La donna è conosciuta anche per le varie politiche, prima conservatrici poi più socialiste, con le quali cercò di modernizzare l’India. Prima tentò, infatti, di estromettere i governi di sinistra; in seguito, procedette alla nazionalizzazione di una decina di banche d’affari, limitò la proprietà privata e cancellò i privilegi dei nobili, per sradicare povertà e ingiustizie. Indira fu assassinata il 31 ottobre 1984 dalle sue due guardie del corpo sikh. “Non ho l’ambizione di vivere a lungo, ma sono fiera di mettere la mia vita al servizio militare. Se dovessi morire oggi, ogni goccia del mio sangue fortificherebbe l’India”. Sono state le parole che Indira, la sera del 30 ottobre, aveva detto durante un discorso.
Scomparso oggi:
2000 (22 anni fa): muore, ad Hammamet (Tunisia), Bettino Craxi, uno degli statisti italiani più illuminati e lungimiranti del nostro secolo, l’interprete più originale ed autorevole, negli ultimi cinquanta anni di vita politica italiana. Nato il 24 febbraio 1934 a Milano è stato Presidente del Consiglio dei ministri dal 4 agosto 1983 al 18 aprile 1987 e Segretario del Partito Socialista Italiano dal 15 luglio 1976 all’11 febbraio 1993. Senza ombra di dubbio, è stato uno degli uomini politici più rilevanti della Repubblica italiana e tra i politici italiani più influenti degli anni ’80, ed inoltre il primo socialista ad aver rivestito l’incarico di Presidente del Consiglio dei Ministri. Coinvolto in seguito nelle inchieste di Mani pulite condotte dai giudici di Milano, subì due condanne definitive per corruzione e finanziamento illecito al Partito Socialista Italiano e morì mentre erano in corso altri quattro processi contro di lui. Egli, tuttavia, respinse fino all’ultimo l’accusa di corruzione, mentre ammise di essere a conoscenza del fatto che il PSI aveva accettato finanziamenti illeciti, lamentando che “per decenni” tutti i partiti si erano finanziati illegalmente senza mai essere “oggetto di denunce”, con atteggiamenti di “complicità”. Ancor oggi, a diversi anni dalla morte, la sua memoria suscita sentimenti controversi. Quelli di apprezzamento si rivolgono a lui come precursore della modernizzazione del Paese e della politica italiana. Quelli di esecrazione sono cagionati dalle condanne riportate a seguito delle indagini di Tangentopoli e della sua decisione di fuggire dall’Italia. Essendosi rifugiato in Tunisia, mentre erano ancora in svolgimento i procedimenti giudiziari nei suoi confronti, egli morì latitante, mentre per i suoi estimatori fu vittima di una giustizia politicizzata, sostenuta dalla stampa, che lo costrinse all’esilio. Una delle sue frasi più significative è la seguente:“Quando i giudici si proclamano sacerdoti di una rivoluzione, quando si appellano ai sentimenti della piazza, aizzati da chi ha un suo specifico motivo per farlo, la giustizia ha già perso le sue virtù, che sono l’obiettività, la verità, l’equilibrio, la serenità e l’umanità.”