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Reggio Calabria: l’allarme di Ance: “A rischio le opere pubbliche e aziende”

Appello al senso di responsabilità di committenti e imprese per una rigorosa applicazione delle norme e valutazioni accurate dei quadri economici delle gare di appalto. “Occorre considerare gli effetti nefasti che gare con prezzi fuori mercato producono sull’effettiva e regolare realizzazione delle opere pubbliche.”

In parallelo alla sensibile accelerazione delle gare di lavori pubblici registrata nel corso del 2022 sul territorio metropolitano, osserviamo da parte di alcune stazioni appaltanti la disapplicazione delle norme – in particolare dell’art. 26, commi 2 e 3, del D.L. n. 50/2022 convertito con modificazioni dalla Legge n. 91/2022 – che impongono l’applicazione di prezziari aggiornati anche alle procedure di affidamento avviate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto – 18 maggio 2022 –  e sino al 31 dicembre 2022, con utilizzo transitorio fino al 31 marzo 2023.

Contestualmente, continuiamo a registrare offerte da parte delle aziende che partecipano alle stesse procedure di gara con ribassi superiori al 30%, concretizzando un comportamento privo delle necessarie valutazioni in termini di sostenibilità economica delle opere da realizzare.

“Esprimiamo grande preoccupazione – dichiara l’architetto Michele Laganà, presidente di ANCE Reggio Calabria – per la reiterazione di prassi che ci vedono osservare, da un lato, enti pubblici che continuano a fare riferimento a prezziari obsoleti nelle gare di appalto, in palese disapplicazione delle norme vigenti, dall’altro, imprese che insistono in modo quanto meno superficiale a parteciparvi con offerte contenenti ribassi eccessivi”.

Al di là delle ragioni, pure comprensibili, che vedono Pubblica Amministrazione ed imprese agire in costante emergenza per far fronte alle scadenze imposte dai quadri di programmazione nazionale e comunitaria ed alle stringenti esigenze di recuperare lavoro per garantire la sopravvivenza aziendale, occorre considerare gli effetti nefasti che gare con prezzi fuori mercato producono sull’effettiva e regolare realizzazione delle opere pubbliche ovvero in termini di contrazione dei costi aziendali con possibili ripercussioni sulla corretta applicazione dei contratti di lavoro ed in termini di sicurezza, qualità e tempestività realizzativa.

“C’è il rischio oggettivo – prosegue il presidente Laganà – che lo sprint in termini di appalti posti a gara prodotto dalle Stazioni Appaltanti per far fronte alle scadenze della programmazione e non perdere i fondi per la ripresa, la resilienza e la transizione ecologica e digitale – tra cui PNRR, fondi europei SIE, patti per il Sud –, sia inficiato in fase realizzativa per l’impossibilità di implementare opere pubbliche di qualità a causa di una sottostima dei prezzi di riferimento rispetto agli effettivi valori di mercato, anche con percentuali superiori al  30 %, pure considerando la tendenza da parte dei concorrenti a reiterare strategie di partecipazione e ribassi di gara secondo schemi meramente probabilistici fondati sull’analisi delle serie storiche. Tali rilevazioni ci impongono di mettere in guardia stazioni appaltanti ed imprese sulla effettiva possibilità di porre a gara e realizzare opere i cui quadri economici risultano totalmente sfasati rispetto al reale andamento di prezzi che, in molti casi, tuttora, continuano a registrare tensioni al rialzo rispetto agli anni precedenti. In tale contesto, fatta salva l’insopprimibile esigenza di fare riferimento a prezziari aggiornati, la nostra proposta per ovviare alla questione dei ribassi eccessivi è quella di introdurre nei bandi di gara soglie di ribasso al di sotto delle quali occorra produrre adeguati giustificativi dei prezzi offerti”.

Il fatto di riuscire ad appaltare in extremis opere pubbliche con progettazioni risalenti ad anni prima, senza quanto meno il necessario aggiornamento dei quadri economici, non garantisce affatto il corretto utilizzo delle ingenti risorse economiche per lo sviluppo, ma semplicemente posticipa i problemi di sostenibilità delle opere alla fase realizzativa con rischi ancora peggiori di quelli connessi al disimpegno automatico delle risorse.

“E’ di tutta evidenza, riferisce il presidente Michele Laganà,  che gare bandite avendo come riferimento prezziari che sottostimano i prezzi di mercato anche del 30% e con ribassi offerti per un ulteriore 30%, significa ipotizzare la realizzazione di opere con un ribasso totale rispetto ai prezzi di mercato del 60% ed oltre, significando per tabulas la irrealizzabilità delle opere e la revoca di risorse in corso d’opera da parte degli enti finanziatori, con danni ben peggiori, in termini economici e sociali, rispetto ad un intervento ex ante”.

Il 2023 sarà un anno chiave per l’attuazione delle politiche di ripresa e resilienza di cui necessita indifferibilmente il nostro Paese; i molti milioni di euro che dovranno essere immessi sul mercato delle opere pubbliche necessitano, sia da parte dei committenti che delle imprese, di modelli organizzativi e di procedure che garantiscano l’effettiva realizzazione delle opere, la qualità esecutiva, la legalità e la sostenibilità. Prezziari di riferimento non aggiornati in palese disapplicazione delle norme in vigore, in concomitanza con ribassi offerti senza alcuna ponderazione, creano un corto circuito i cui effetti deleteri in termini di opere incompiute, contenzioso, fallimenti di impresa, economia sommersa, sicurezza e legalità non possono essere sottaciuti ed impongono una piena assunzione di responsabilità soprattutto da parte dei committenti responsabili in prima istanza della corretta realizzazione delle opere pubbliche.

Bandire ed aggiudicare gare con sottostime dei prezzi così ampie come quelle osservate, oltre a pregiudicare l’interesse pubblico alla corretta esecuzione dell’opera, significa abdicare ad ogni logica di sostenibilità delle opere pubbliche, creando le condizioni ideali per far fallire le imprese che incautamente e per stringenti necessità di lavoro dovessero imbarcarsi in operazioni di questo tipo o peggio rischiando di favorire la partecipazione di soggetti economici interessati al reimpiego di capitali di origine illecita e per questa ragione disponibili ad accettare soglie di prezzo al di sotto dei valori di legge – chiosa Michele Laganà.

Anche per questo mi appello al senso di responsabilità degli enti appaltanti e delle imprese – conclude il presidente di ANCE Reggio Calabria – affinché valutino in modo attento e coerente, nei rispettivi ruoli, i quadri economici delle opere; in una situazione di crisi i cui esiti restano incerti e con impatti di dubbia prevedibilità, non si tratta solo di tutelare il pure legittimo interesse delle imprese a concorrere a gare con progettazioni e prezzi aggiornati, ma soprattutto di garantire il bene pubblico alla effettiva realizzazione delle opere della ripresa e della resilienza. Come costruttori siamo consapevoli dell’importanza del nostro ruolo per la realizzazione degli indispensabili investimenti pubblici programmati e proprio in questa prospettiva ci corre l’obbligo di chiedere a gran voce un forte segnale di attenzione da parte di tutti i soggetti della filiera delle opere pubbliche sulla regolarità e la sostenibilità delle procedure di gara e per l’effettiva realizzazione di opere di qualità per il rilancio del nostro territorio. Lungi dal voler bloccare opere di cui i cittadini ed il Paese abbisognano, presidieremo con particolare attenzione il monitoraggio del novero di opere pubbliche appaltate con prezzi sottostimati, sia nella fase realizzativa che di collaudo e, ove necessario, pur abdicando alla prospettiva collaborativa che ha costantemente informato il nostro approccio verso la P.A., adiremo le vie giudiziarie competenti per il ripristino della regolarità delle condizioni di gara e l’accertamento delle eventuali responsabilità”.

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