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Casignana: dopo cento anni uno squarcio di luce su una strage impunita

È merito di Gaetano Errigo, già corrispondente del Quotidiano della Calabria e collaboratore di Calabria Ora, avere riportato alla luce, nel centenario dell’avvento del fascismo, il dimenticato eccidio di Casignana, del 21 settembre del 1922, e di averlo collocato all’interno di una cornice dentro la quale le lotte per la terra e le agitazioni contadine incontrarono l’attacco unitario della borghesia agraria e latifondista, dello squadrismo fascista e degli apparati dello Stato.

Le squadre fasciste avevano scelto accuratamente il terreno dell’imboscata, “i Cruci”, nel punto in cui la mulattiera, dopo la discesa da Renella, formava una strettoia sovrastata dalla costa della Nefrara.

I cespugli di Nafra offrivano mimetizzazione ai fascisti. I “killers”, tiratori scelti che dovevano far saltare la testa dei capi socialisti si tenevano nascosti dietro le siepi di fichi d’India che fiancheggiavano la strada o dietro le armacere. Quando il corteo inerme, pacifico ed ignaro fu prossimo, fascisti e carabinieri spararono all’impazzata ferendo e uccidendo uomini e donne.

È merito di Gaetano Errigo, già corrispondente del Quotidiano della Calabria e collaboratore di Calabria Ora, avere riportato alla luce, nel centenario dell’avvento del fascismo, il dimenticato eccidio di Casignana del 21 settembre del 1922 e di averlo collocato all’interno di una cornice dentro la quale le lotte per la terra e le agitazioni contadine incontrarono l’attacco unitario della borghesia agraria e latifondista, dello squadrismo fascista e degli apparati dello Stato.

Un connubio sul quale insiste Gaetano Errigo, nel centenario della strage, attraverso la lettura di una corposa mole di documenti e coeve testimonianze inedite scandagliate con perizia. Quel giorno fascisti e carabinieri, con il sostegno e la direzione del prefetto di Reggio Calabria, del sottoprefetto di Gerace e del vicecommissario di pubblica sicurezza, aprirono il fuoco contro i braccianti della “Cooperativa Garibaldi” assegnataria, in base al decreto Visocchi, della foresta Callistro di proprietà del principe Carafa di Roccella.  Rimasero uccisi l’assessore socialista Pasquale Micchia e due contadini, Rosario Conturno e Girolamo Panetta, mentre il sindaco Francesco Ceravolo rimase gravemente ferito. Una carneficina che fermò con il piombo l’amministrazione socialista di Casignana. Sgombrate le terre del principe, ucciso il vicesindaco, ferito gravemente il sindaco, rimossa con le armi l’amministrazione socialista, arrestati gli antifascisti più determinati, mentre lo stato abdica, in un clima di violenza, qui come altrove, i suoi poteri di difesa e di conservazione, il fascismo è in “Marcia”.

Errigo nel ricostruire gli avvenimenti indugia sul “carattere” della piccola laboriosa comunità di Casignana, la cui storia affonda nelle viscere della Magna Grecia, sulle debolezze dello Stato e delle istituzioni, sulla determinazione con la quale è stata ideata, progettata e costruita la strage, rendendoci un quadro inedito che la colloca come prima grande strage di Stato perpetrata a danno dei lavoratori italiani.

Oltre ad individuare e proporre fonti inedite e di prima mano, lumeggia gli avvenimenti in un quadro di ampio respiro e restituisce dignità ad una comunità ritenuta, a torto, anche nella breve e dimenticata bibliografia sull’eccidio, succube di poche famiglie e di avventurieri politici.

Quello che avvenne in quel comune, i cui segni sono ancora visibili nelle dinamiche famigliari e sociali, non appartengono solo a Casignana, alla Calabria, ma alla storia di un periodo buio del Paese.

Rocco Lentini

 

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