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Il caso di Aldo Braibanti

A Venezia è stato presentato il film di Gianni Amelio sul “caso” di Aldo Braibanti, un professore omosessuale dichiarato colpevole per un rapporto con uno studente maggiorenne e consenziente. Braibanti era un ex partigiano, un poeta, uno scienziato, ma era soprattutto una persona innocente che dinanzi ad una accusa degna della peggior caccia alle streghe fu difeso solo da pochi o meglio da una coraggiosa minoranza costituita da intellettuali, da giovani- spesso irregolari- di Sinistra e da qualche liberale raro come i lupi bianchi.

 A Venezia è stato presentato il film di Gianni Amelio sul “caso” di Aldo Braibanti, un professore omosessuale dichiarato colpevole per un rapporto con uno studente maggiorenne e consenziente.

Credo che prendere posizione a favore di Braibanti sia stato difficile ovunque, ma comprenderete quanto lo sia stato nel Sud Italia. Eppure, un confronto aspro c’è stato anche nelle regioni meridionali e finanche nei più piccoli paesi e ciò ha consentito di aprire un varco nell’egemonia delle classi dominanti e di avviare una semina che ha portato alla vittoria sul divorzio e alla grande stagione dei diritti civili.

Ma andiamo con ordine:

Braibanti era un ex partigiano, un poeta, uno scienziato, ma era soprattutto una persona innocente che dinanzi ad una accusa degna della peggior caccia alle streghe fu difeso solo da pochi o meglio da una coraggiosa minoranza costituita da intellettuali, da giovani- spesso irregolari- di Sinistra e da qualche liberale raro come i lupi bianchi.

Braibanti fu marchiato a fuoco come pervertito, pederasta, degenerato, corruttore di giovani e il marchio divenne garanzia per l’infame condanna prima nelle piazze, quindi sui giornali e infine in Tribunale.

Sono passati 50 anni e oltre che vedere il film, qualche riflessione sarebbe opportuno farla senza limitarci ad esprimere rammarico per quanto è successo.

Certo, agli omosessuali, pur con enorme ritardo, sono stati riconosciuti i loro diritti fondamentali ma quel “potere” che bruciò Braibanti nelle piazze e ne pretese il carcere non ha mai smesso di mietere nuove vittime anche perché ciò serve a dimostrare che le streghe sono ancora tra di noi

Così quasi ogni giorno, una certa stampa crea il “mostro”, la piazza (ormai solo virtuale) si scalda e pretende la purificazione attraverso il sacro fuoco, le procure non vanno per il sottile e le carceri si riempiono di innocenti. E per questa via lo Stato “degenera” e da Istituzione necessaria per la tutela dei cittadini, diventa un pericolo in quanto sceglie di legittimarsi con la giustizia sommaria, la galera e la guerra.

Oggi, c’è l’aggravante che le minoranze che difesero Braibanti sono quasi sparite, spesso distratte e, a volte, si sono trasformate in sentinelle di “regime”. Così chi capita nell’ingranaggio perverso che 50 anni fa distrusse l’ex partigiano è terribilmente solo. Provate voi a difendere una persona innocente finito nelle maglie della “giustizia”, o a esprimere qualche dubbio sulle frequenti retate che sanno più di teatro che di applicazione della legge. Provate a dire che una persona non può essere messa alla gogna per il reato di “parentela”, che un consiglio comunale non può essere sciolto senza una sentenza che stabilisca le responsabilità penali del sindaco e dei consiglieri comunali. Oppure, che un imprenditore non può essere messo al lastrico con un semplice rapporto di polizia.

Chiunque, lo faccia verrà marchiato come potenziale complice.

Conosco almeno un migliaio di persone messe alla gogna e poi scagionati da ogni accusa.  Cambia l’accusa, ma il metodo resta uguale e chi non ha la forza e il coraggio dell’ex partigiano ne muore di crepacuore.

Credo che quel varco aperto in occasione del caso Braibanti, grazie ad una minoranza coraggiosa, stia per essere definitivamente chiuso e ciò avrà come sbocco naturale un regime che già ha preso forma negli anni passati.

Il dottor Scarpinato candidato al Senato in Calabria, parlando alla festa del “Fatto quotidiano” ha affermato che la Costituzione deve essere la linea del Piave. Si può e si deve essere d’accordo, premettendo però che c’è chi su quella linea c’è sempre stato. Sia quando s’è trattato di difendere la Costituzione contro la secessione di Bossi e l’infame legge sull’autonomia differenziata e sia quando retate degne delle purghe staliniane hanno distrutto migliaia di vite.  In Calabria molto più che altrove. Per costoro la Costituzione è stata una trincea… sempre! Anche quando lo “Stato” ha protetto la mafia e lo è quando anche un solo uomo (chiunque esso sia) dal profondo di una galera grida la sua innocenza, pretende la sua dignità, reclama la tutela della legge. Anche quando il carnefice è un magistrato o comunque un rappresentante di quel potere che è – in linea storica è erede di coloro che sacrificarono Aldo Braibanti.

 

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