Si è svolta il 16 settembre nella chiesa matrice “Santa Maria ad Nives” di Bovalino Superiore la santa messa in ricordo del sacerdote, missionario e martire gesuita, il Beato Camillo Costanzo.
La parrocchia di Santa Caterina V.M. e l’Arciconfraternita “Maria SS. Immacolata” guidata dal Dr Pasquale Blefari ha organizzato una serie di manifestazioni religiose e culturali per ricordare la figura del beato bovalinese, uno dei tanti figli illustri di Bovalino, nel 400° anniversario del martirio.
Dopo l’esposizione della statua, spostata dall’altarino della navata sinistra al lato dell’altare maggiore, i fedeli hanno visitato la casa natale del beato, che si trova a pochi metri dalla chiesa matrice e restaurata nel 2007 grazie ai fondi raccolti con la vendita del libro “Bovalino, un borgo da salvare” stampato nel settembre 2002 a cura dell’Arciconfraternita.
La solenne celebrazione eucaristica presieduta da S.E. Mons. Francesco Oliva, Vescovo della Diocesi di Locri-Gerace, coadiuvato dal parroco Don Rigobert Elangui, ha visto la partecipazione di molti fedeli. Ha fatto seguito la processione a cura dei confratelli e consorelle dell’Arciconfraternita, durante il tragitto ci sono state alcune soste in vari punti del borgo con meditazioni sulla vita del beato e preghiere di affidamento del paese al martire bovalinese.
Il beato Camillo Costanzo è nato a Bovalino Superiore nel 1571 da Tommaso e Violante Montana, famiglia benestante originaria della città di Cosenza, giunta a Bovalino nel 1550 dopo che D. Giovanni Marullo, conte di Bovalino e Condoianni, venne nominato Preside delle truppe spagnole in Calabria con sede a Cosenza.
Dopo gli studi di Lettere e Diritto Civile all’università di Napoli, partì come soldato tra le milizie del gen. Ambrogio Spinola all’assedio delle Friande nella guerra contro il protestantesimo. Ritornato in Italia nel 1591 entrò nella Compagnia di Gesù; nel 1602 parte volontario come missionario per la Cina, si trasferì subito in Giappone in quanto i portoghesi non permettevano ai religiosi di entrare nell’impero cinese. Qui imparò la lingua giapponese, studiò la religione buddista e scrisse 15 volumi in confutazione della religione del luogo. Perciò venne arrestato e legato ad un palo ed attorniato da ammassi di legna venne arso vivo, dopo aver cantato il “Gloria Patri” e ripetuto per tre volte la parola “Sanctus” continuando a predicare la fede alla folla che si era radunata per assistere al supplizio, incoraggiando i cristiani e invitando i pagani a convertirsi, lo si vide con gli occhi rivolti al cielo e spirò, era il 16 settembre 1622. I resti del rogo vennero gettati nel mare senza recuperare qualche reliquia.
Antonio Ardore