Era stato ammonito con una certa durezza Carlo Calenda, in un incontro al teatro Carlo Felice di Genova, quando annunziò nel 2019 che sarebbe uscito dal PD. Un compagno, come si diceva una volta, esponente della base, cioè solo di se stesso, profetizzò: “Come diceva Pertini meglio avere torto dentro il partito, che ragione fuori”. Il monito era stato accolto da tanti applausi, ma poco servì al focoso Calenda, perché desistesse dal suo intento frazionista.
Calenda si era iscritto al PD dopo rocambolesca vita professionale nata all’ombra di Luca Cordero di Montezemolo, alto protagonista delle vicende di mamma Fiat.
Calenda è bello ricordarlo, a soli undici anni fu tra i protagonisti dello sceneggiato televisivo “Cuore “, tratto dal libro di De Amicis e diretto dal nonno materno Luigi Comencini. La vocazione del palcoscenico non lo ha mai abbandonato. Occorre dargli atto che il 23 luglio 2019 una mozione maggioritaria all’interno del PD aveva deciso che mai ci sarebbe stato un accordo con il M5S. Il 28 agosto, poco più di un mese dopo, cambio di rotta: si farà un governo Conte 2, in alleanza con i vituperati grillini. Calenda esce, fonda Azione e si allea con la Bonino in una progettualità nella quale, osando molto dal punto di vista intellettuale, si rifà a Carlo Rosselli, a Piero Gobetti e a don Sturzo. Proposte sociali di un certo spessore, ma potere politico tutto da verificare. Unica soddisfazione quella delle recenti elezioni comunali di Roma dove viene gratificato di un buon 20% di voti. Perde contro Gualtieri, ma il suo potenziale viene da tutti riconosciuto. Si alloca nella sinistra, cioè nello spazio più rissoso da sempre nel cerchio di una conflittualità pluridecennale. E avanza delle pretese incongrue.
Dieci giorni fa bacia Letta su una guancia per l’accordo raggiunto e gli mormora davanti a testimoni “Sono pronto baciare anche Fratoianni”. Dopo cinque giorni si riprende i giocattoli e dice “mi sono sbagliato non voglio stare in un’alleanza con verdi e sinistra che appare come un’ammucchiata”, quindi la lotta contro la destra alle elezioni di settembre appare sempre più problematicamente complicata rasente alla sconfitta.
Chi ricorda più il PSIUP partito filobolscevico che nel 1963 si separò del PSI di Nenni nel momento della formazione dei primi governi di centro sinistra a guida Moro? Una scissione finanziata da Mosca, che partorì il settimanale “Mondo Nuovo” e che ebbe tra i leader Vittorio Foa, Lucio Libertini, Piero Ardenti. Nel 1968 era già sparito decapitato dalla legge elettorale del “proporzionale corretto” che obbligava ad aggiudicarsi almeno un seggio sul terreno nazionale. Fu una sciagura: indebolì il PSI e la sua linea riformista, in una triste sudditanza al velleitarismo del PCI e di Berlinguer che sosteneva “l’URSS un paese con alcuni tratti illiberali”. Poi fu il turno di Fausto Bertinotti (il parolaio rosso: come lo aveva battezzato Giampaolo Pansa) che mandò in frantumi nel 2006 il governo Prodi, lui presidente della Camera, che remava contro il governo che doveva rappresentare. Via libera a Berlusconi e alla paralisi del sistema politico italiano dal quale la sinistra non si è più sollevata. Dall’accordo PCI +DC (il compromesso storico)) inutile progetto propagandistico non è rimasto nulla. Solo sconfitte che si vanno a ripetere nella quotidianità contemporanea. Enrico Letta a Berlusconi che vuole piantare almeno un milione di alberi (se avesse il Caimano seguito da sempre Cicerone “nihil melius agricoltura” quanti benefici al paese!) replica con una farneticante proposta di elargire dieci mila euro ad ogni giovane che abbia compiuto 18 anni. In barba alla meritocrazia, ai valori scolastici, alla dignità civile. Una festa di spinelli e di “canne” unico investimento immaginabile in questa sagra della stupidità? Prevarrà invece l’acquisto di libri?
Ma l’orticello della sinistra non ha nulla da spartire con l’ottimismo del Candido di Voltaire. A leggere le peripezie politiche di Nicola Fratoianni, in un labirinto di sigle avventuristiche cha hanno segnato il suo percorso, c’è da farsi girare la testa. Senza contare che recentemente Fratoianni ha votato contro l’adesione di Finlandia e Svezia alla Nato con valutazioni vetero-comuniste che oggi non hanno senso.
Ma nell’antagonismo effervescente contro Calenda che vuole appropriarsi di una paternità rivale al centro destra, Fratoianni piange sconsolato nei talk show sulla cattiveria arrogante di Calenda. Lo invitano dappertutto, non è logoro e chiacchierone come Renzi, non è noioso come Conte. È un volto nuovo, esibisce calzini colorati, si sbarba ora tutti i giorni i capelli più composti. Ma il look farà il pieno di voti nelle urne per una sparuta pattuglia di moderati socialdemocratici? E Angelo Bonelli ha il vigore e la baldanza della giovane e più famosa ragazzina svedese Greta nella difesa del patrimonio ecologico del mondo?
Erich Maria Remarque nel suo capolavoro “niente di nuovo sul fronte occidentale “ nel quale parla degli orrori della prima guerra mondiale fa dire al veterano delle trincee Karl “ perché debbono morire migliaia di soldati? Perché non rinchiudiamo i capi di governo in uno spazio con un bastone in mano: chi uscirà vincitore dalla lotta avrà vinto la guerra”. Così per ridere magari vincerebbe Crosetto il sodale della Meloni,perché è grande e grosso. Calenda propone la sua solitaria ambizione,non gli interessa la conquista del “potere elettorale”.Non ha mai letto Benedetto Croce che insegna che l’azione politica ha al suo interno un’etica valoriale. Né Calenda deve irridere al Comitato di Liberazione Nazionale (CNL) che vinse la guerra contri nazi-fascisti,proprio oggi che una colazione progressista potrebbe battere il trio comico Meloni,Salvini e nonno Berlusconi. Calenda esibisce solo un autistico “io sò io e voi nun siete un cazzo” Delirio perdente di onnipotenza.
Ma perché nella sinistra-centro non si convoca una riunione nella quale si mettono in campo progetti ed idee comuni e si costruisce un itinerario nel quale vincitore possa essere il giovane disoccupato,il pensionato solo e malato,le donne emarginate dal mondo del lavoro ,gli immigrati in balia delle stoltezze della Lega e dello sfruttamento schiavistico? Facile la chiacchiera in televisione ,ma nessuno di questi dirigenti di partito ha mai convocato i militanti per avere conoscenza su cosa pensano di questo viaggio nel buio che ci accompagna al 25 settembre,mese mai benevolo nella storia italiana .Perché nessun politico di sinistra ha condannato il goffo Salvini, che da sempre irrispettoso degli elettori pretende di essere nominato ministro ante-scrutinio?A dire che le elezioni non gli interessano?Chi ricorda? Benito Mussolini che parlava delle elezioni come “ludi cartacei”,ma i cui brogli costarono la vita a Giacomo Matteotti. Per la sinistra un brutto silenzio.
Matteo Lo Presti