La nostra situazione calabrese è ancora più drammatica, con due scali, quello di Crotone e quello di Reggio Calabria soprattutto, praticamente inutilizzati. I pochi collegamenti con Lamezia Terme servono a malapena per il traffico pendolare di professionisti e uomini d’affari con Roma e Milano; ma sono pressoché improponibili per quello turistico. Infine, Reggio Calabria, “aeroporto dello Stretto”, è tristemente abbandonato.
Hanno un bel protestare i reggini: sono – siamo – la “Città Metropolitana” più scalcagnata, meno considerata e, politicamente, meno influente del mondo.
Le città metropolitane sostituiscono le province in dieci aree urbane, i cui territori coincidono con quelli delle preesistenti province, nelle regioni a statuto ordinario. Basta scorrere l’elenco di queste dieci città metropolitane per capire che la “piccola” Reggio sta alle altre come i cavoli a merenda: Roma Capitale, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio di Calabria. Poi ci sono le “città metropolitane delle Regioni a statuto speciale: Palermo, Cagliari, Catania; e Messina, l’altra città dello Stretto. Reggio di Calabria e Messina, però, si fronteggiano ma non sono state unite amministrativamente, come forse avrebbe avuto senso ed avrebbe creato una realtà forte. Ciascuna di esse rimane fine a sé stessa: un piccolo capoluogo di provincia che si riempie la bocca (ma non lo stomaco) con la parola “metropolitana”.
Insomma, per il caso di Reggio di Calabria, un inutile e vuoto cambio di nome dell’ente “provincia” in ente “città metropolitana”, con un’estensione di un’inesistente metropoli fino a territori che sono completamente estranei, con problemi affatto differenti, e per certi versi addirittura antagonisti storici di Reggio, Locride e Piana di Gioia Tauro.
Così l’inefficacia della “città metropolitana” per i territori più lontani è evidente: ho già definito la Locride come “periferia dell’ultima periferia d’Italia” e non voglio ripetermi.
In questa calda e triste estate, però, mi balza evidente l’abbandono e la povertà cui siamo condannati. Superati i venti giorni del nostro turismo “di ritorno” che ci danno l’illusione di essere vivi, ritorneremo alla nostra triste routine del nulla, di un’economia che vivacchia stancamente, che non ha colpi d’ala e che si regge, a livello individuale sulla prospettiva di un impiego pubblico, con uno stipendio statale spesso misero, ma sicuro; ed a livello di economia pubblica con l’intercettazione di fondi pubblici, spesso fini a sé stessi, senza giovamento per la comunità.
Chi vuole un esempio di tali interventi pubblici si avventuri nella magnifica pineta tra Locri ed Ardore e scoprirà nei settecento metri del territorio fronte mare di Portigliola un lungomare, completo di tutto, marciapiedi, illuminazione, ringhiera, che nasce dal nulla e muore nel niente, senza una strada che conduca ad esso, né che allontani dallo stesso.
Eppure, uno sviluppo economico del “pubblico” è indispensabile e spetta agli amministratori degli enti locali capirlo ed avere una visione in funzione dello sviluppo imprenditoriale, offrendo le necessarie infrastrutture.
Proprio quello che nella nostra Regione manca. Non si effettua oggi un investimento vero nel settore turistico – parlo di un investimento reale, di quelli che determinano spostamenti importanti di flussi turistici – senza la presenza di collegamenti efficaci ed economici. Un aeroporto dinamico è indispensabile ed è la prima infrastruttura che viene richiesta.
La nostra situazione calabrese è, sotto questo profilo, drammatica, con due scali – quello di Crotone e quello di Reggio Calabria soprattutto – praticamente inutilizzati. I pochi collegamenti con Lamezia Terme servono a malapena per il traffico pendolare di professionisti e uomini d’affari con Roma e Milano; ma sono pressoché improponibili per quello turistico.
Reggio Calabria, “aeroporto dello Stretto”, è tristemente abbandonato. Non serve lo Stretto, perché l’altra città dello Stretto, Messina, vola da Catania: non solo per la mancanza di un collegamento comodo e veloce col “Tito Minniti”, ma anche per la mancanza di offerta.
Ritorno così alla “Città Metropolitana” di Reggio di Calabria: un inutile regalo ai politici locali dell’epoca dello Stato. Che non hanno capito che una realtà metropolitana forse c’era, ma era data solamente dalla “Città Metropolitana” dello Stretto, una metropoli di quasi mezzo milione di abitanti che non poteva essere lasciata senza aeroporto. Una metropoli che avrebbe creato uno sviluppo importante, senza doversi occupare di periferie che hanno problemi ben diversi da quelli metropolitani.
La Regione dovrebbe cavalcare il problema, ma non ci riesce, avendo scelto non l’autonomia di ogni scalo in concorrenza con gli altri, ma il concentramento gestionale su Lamezia Terme.
Una Città Metropolitana che si rispetti dovrebbe rivendicare in primo luogo la sua supremazia ed importanza anche economica (che dovrebbero essere il presupposto dell’ente) e rivendicare l’essenzialità del suo scalo aereo e la necessità di ridargli vita.
Tommaso Marvasi