Le testimonianze che vanno emergendo piano piano, man mano che l’Italia si va sfaldando raccontano che almeno nel primo ventennio post unità d’Italia (o quasi…), nel Sud Italia e in Sicilia è andata in scena una vera e propria guerra civile che i leccaculo italici hanno cercato invano di nascondere, ma che va venendo fuori alla faccia di chi ha cercato di nascondere la storia per interessi di parte.
Per almeno un ventennio dopo la disgraziata, falsa, truffaldina e mafiosa unificazione italiana del 1860 un esercito di meridionali e siciliani ha combattuto contro gli invasori di casa Savoia. Li chiamavano ‘Briganti’, ma in realtà i veri Briganti sono sempre stati i piemontesi. Per quasi un ventennio nel Sud Italia e in Sicilia è andata in scena una guerra civile contro gli invasori italiani.
A cavallo tra il 1861 ed il 1862, la Reazione borbonica è ormai ben organizzata, da Palazzo Farnese a Roma, sede del governo borbonico in esilio, Francesco II comanda e dirige la guerriglia contro l’invasore piemontese”. Questo dimostra che tanta gente del Sud non aveva accettato la conquista truffaldina e mafiosa ad opera di Garibaldi e dei suoi sodali piemontesi. “Approfittando della copertura pontificia, viene eretto un corridoio di rifornimenti tra Roma ed il cuore degli Abruzzi e di Terra di Lavoro, che si estendeva fino alla Basilicata. È per questo che più ci si allontanava da Roma e più il fenomeno del cosiddetto brigantaggio diminuiva, infatti Calabria e Sicilia, essendo troppo lontani dall’appoggio logistico pontificio, registrarono più che altro delle cellule isolate, come ad esempio la banda dei Fratelli Ribera, che operava a Pantelleria, ma che aveva però come appoggio il Comitato Borbonico di Malta. Fu così che decine di ex soldati borbonici e legittimisti siciliani, piuttosto che ritornare a casa, entrare nell’esercito italiano o starsene con le mani in mano, si arruolarono nelle varie bande del continente, per dare manforte all’operazione di riconquista della Patria. Come il signor Politini, farmacista di Palermo, incaricato dai Comitati Borbonici ad eseguire un piano secondo il quale doveva essere eliminato il generale piemontese Cialdini”. Anche la Sicilia, benché lontana da Roma, non si rassegnava alla conquista da parte dei piemontesi e, quando poteva, dava vita a vere e proprie rivolte come, appunto, la ‘Rivolta del sette e mezzo’ nel 1866 e come la ‘Rivolta dei Cutrara’ a Castellammare del Golfo.
Per quasi un ventennio, nel Sud Italia e in Sicilia è andata in scena una guerra civile contro gli invasori italiani
“Francesco II da Roma, operando in sinergia con il generale Clary che gestiva da Marsiglia la Reazione estera, aveva organizzato un piano per la riconquista del Regno che prevedeva lo sbarco in Sicilia della banda Pischitiello. Tale compagnia sarebbe stata comandata da un generale spagnolo e secondo i piani avrebbe avuto il supporto di diversi contadini siciliani ben armati. Una delle bande meglio organizzate della provincia di Frosinone, era quella del brigante Conti. Del suo gruppo vi faceva parte un ex soldato borbonico siciliano, il quale dopo la resa di Gaeta si era rifugiato a Roma, da lì successivamente si era recato a Fondi, dove era entrato nella compagnia del Conti. Nella banda di Livio Mancini, giovane ma intraprendente brigante, militava un certo Zugaro Antonio di Palermo. La compagnia era solita operare tra il frosinate e la provincia de L’Aquila, dove il 7 aprile del 1862, il Zugaro fu fucilato dal maggiore piemontese, Reverberi del 44° Fanteria, per l’esattezza a Civitella Roveto”. E ancora: “A Terracina si dava alla macchia un certo Nusco da Messina, anche lui superstite di Gaeta, fu assoldato dal Conte di Trapani per il quale combatté contro i piemontesi, entrando ed uscendo dal territorio papalino. Ma tra i vari guerriglieri siciliani, quello che si distinse di più fu certamente Pasquale Salinas da Siracusa, il quale ebbe l’onore di combattere fianco a fianco con il generale legittimista Josè Borges, forse il miglior capo militare che vide impegnati i borbonici contro i piemontesi durante il periodo della repressione del brigantaggio. Pasquale Sallines combatté fianco a fianco con il Borges con onore, con spirito di sacrificio ed abnegazione, fino a quando l’8 dicembre 1861 (Giorno dell’Immacolata), i due, insieme agli altri componenti della compagnia furono fucilati dai bersaglieri del maggiore Franchini (1°BTG) a Tagliacozzo, negli Abruzzi. Questi nomi sono ciò che i libri attualmente a nostra disposizione, ci hanno permesso di ritrovare, chissà quanti altri eroi, dimenticati tra le pagine polverose di una falsa e crudele storia che non ci appartiene, aspettano non di essere onorati, ma almeno ricordati. Purtroppo, le nostre belle terre soffrono un malgoverno che sembra endemico e sono sferzate da una corruzione strisciante, ma se oggi noi del Sud possiamo ancora camminare a testa alta lo dobbiamo esclusivamente a questi eroi, che disprezzando la morte, tennero sempre alto il vessillo della loro Patria”. Questa ed altre testimonianze che vanno emergendo piano piano man mano che l’Italia si va sfaldando, raccontano che almeno nel primo ventennio post unità d’Italia (o quasi…), nel Sud Italia e in Sicilia è andata in scena una vera e propria guerra civile che i leccaculo italici hanno cercato invano di nascondere, ma che va venendo fuori alla faccia di chi ha cercato di nascondere la storia per interessi di parte.