Nel Cinquecento si distingue il pensiero filosofico meridionale, rappresentato da tre pensatori che hanno un comune sentire, pur non formando una scuola. Si tratta del cosentino Bernardino Telesio, del nolano Giordano Bruno e dello stilese Tommaso Campanella. Il nuovo campo d’indagine per i filosofi meridionali è la Natura. Tra i tre pensatori, si distingue Giordano Bruno per le sue originali intuizioni.
In seguito alle scoperte geografiche, ed in modo particolare alla scoperta di Colombo del Continente nuovo, cambia radicalmente la geografia terrestre; si aprono nuove rotte per i commerci, si affacciano prospettive nuove per i rapporti internazionali e nuovi campi per le Missioni religiose. Nello slancio missionario si distinguono in modo particolare i Gesuiti, che, con una fede religiosa granitica, ed un senso assoluto di ubbidienza alla Regola e al Papa, partono per l’Oriente e l’Occidente alla ricerca di nuovi popoli da evangelizzare. Partono anche i conquistatori alla ricerca di oro e di ricchezze, sostenuti dai loro Stati come la Spagna, l’Inghilterra, il Portogallo ed altri. In questo clima di scoperte di nuove terre si aprono nuovi spazi per la borghesia mercantile europea, ed emergono i Paesi che s’affacciano sull’Atlantico, causando, di conseguenza, la caduta della Serenissima e delle repubbliche marinare italiane. Le scoperte geografiche, apparentemente neutre, presto fanno nascere una nuova visione del mondo, dei rapporti tra gli Stati e gli stessi uomini. La visione del mondo umanistica e rinascimentale è legata ancora alla filosofia di Aristotele e all’astronomia di Tolomeo che concordavano nel ritenere la terra al centro dell’universo, ed i pianeti tutti in movimento con orbite circolari intorno ad essa. Questa visione viene fatta propria dalla Chiesa di Roma che la ritiene infallibile, perché avallata dal libro sacro della Genesi. Ma nel Cinquecento si verifica un evento che rompe l’unità del mondo cattolico europeo da quando il monaco agostiniano, Martin Lutero, affigge alla cattedrale di Wittemberg le 95 tesi. Con tale atto finisce l’unità culturale, religiosa e politica dell’Europa. Intanto, in campo scientifico emerge la figura di Copernico che dimostra, con calcoli inoppugnabili, che non è il sole a girare intorno alla terra, come ritenuto dalla tradizione, ma la terra ed i pianeti tutti a girare intorno al sole. La visione geocentrica viene sostituita da quella eliocentrica. Copernico non viene processato, perché i suoi studi si presentano solo come ipotesi matematiche. La nuova teoria scientifica, basata su prove inoppugnabili, si afferma però, ma non senza seminare lutti e persecuzioni. Anche Galileo, che abbraccia la nuova teoria e con le scoperte fatte col cannocchiale, subisce persecuzioni; viene processato ed esiliato. Nel Cinquecento il pensiero filosofico è fermo specialmente ad Aristotele e Platone, interpretati con l’ausilio della filologia e con la conoscenza del greco. Si distingue, però, il pensiero filosofico meridionale, rappresentato da tre pensatori che hanno un comune sentire, pur non formando una scuola. Hanno in comune l’anti aristotelismo e l’amore per la natura: si tratta del cosentino Bernardino Telesio, del nolano Giordano Bruno e dello stilese Tommaso Campanella. Il nuovo campo d’indagine per i filosofi meridionali è la Natura che va studiata ed esplorata “Iuxta propria principia”, come scrive Telesio, e non servendosi di principi logici, estranei alla natura stessa. Tra i tre pensatori si distingue Giordano Bruno, nato a Nola, in Campania, per le sue originali intuizioni. Studia nel Collegio domenicano di Napoli, ma per il suo spirito ribelle e libertino non accetta le regole dell’Ordine e la disciplina del collegio. Subito viene accusato d’eresia e lascia Napoli, ed emigra in varie città italiane ed europee per diffondere il suo pensiero ed ottenere protezione che non ottiene. Pur non essendo scienziato studia il pensiero copernicano con entusiasmo, allargandone gli orizzonti, non con argomenti scientifici, ma con geniali intuizioni filosofiche, allora ritenute assurde, ma che la moderna astrofisica in parte condivide. Bruno nega ogni differenza tra mondo celeste e terrestre. Non c’è differenza tra materia terrestre e mondi celesti; non esistono le stelle fisse; il sole non è al centro dell’universo, anzi, per Bruno questo è infinito e pertanto non ha né centro né periferia; quei puntini luminosi che di notte vediamo nel cielo sono stelle, e, come avviene per il sistema solare, ogni stella ha il suo corredo di satelliti e pianeti che ruotano intorno ad essa; la materia di cui l’universo è fatto è identica ovunque ed anche le leggi che lo governano sono le stesse. Insomma, per Bruno, esistono infiniti universi e mondi e l’uomo non è al centro, come ritenuto da sistema geocentrico. La terra è solo un granello di sabbia sparso in un universo infinito e l’uomo rappresenta solo uno dei tanti enti seminati nell’immensità. Bruno ritiene che, in un universo infinito, esistano altri pianeti abitati. In questa visione si riscontrano gli influssi di Plotino e di Cusano, elaborati in una nuova visione filosofica. Un universo infinito deve avere una causa infinita che per Bruno è Dio. Ma non è il Dio dei filosofi o dei teologi; per Bruno Dio è la causa, o “Mens super omnia “ ossia mente al di sopra di tutto; ma se fosse così, Dio sarebbe inconoscibile come in Cusano, ma per Bruno, Dio è anche “Mens insita in omnibus“, ossia Mente insita nella natura, in tutte le cose, e tutte le cose sono manifestazione di Dio; in questo senso Dio è presente in tutti gli enti sparsi nell’universo. Bruno è non solo il filosofo, ma anche il poeta della Natura; chi ama la Natura ama Dio che si rivela in essa e nei suoi molteplici e misteriosi aspetti; ciò che a noi appare materia inerte; invece, è animata e crea in un processo infinito. Dio, insomma, per Bruno, è Causa e Principio nello stesso tempo. Per capire dobbiamo tornare al concetto di archè dei presocratici; per questi primi pensatori naturalisti il principio non è qualcosa che sta prima e poi sparisce, ma un quid che accompagna il processo nel suo farsi. La visione di Bruno si allontana dalla visione dottrinale della Chiesa, ritenuta adatta per agli ignoranti. Per queste ragioni, viene accusato di eresia e cade nelle mani dell’Inquisizione. Subisce persecuzioni, processi, carcere, inviti ripetuti all’abiura, ed infine viene condannato al rogo; la pena viene eseguita in piazza Campo dei Fiori di Roma. Il giorno dell’esecuzione, viene svegliato presto, vestito e con una lugubre processione, con il crocefisso in testa, da via della Conciliazione, dove era in carcere, viene accompagnato sul luogo del martirio, in Campo dei Fiori, dove il rogo è già pronto. Viene ulteriormente invitato di abiurare e di pentirsi; risponde sdegnato che non ha nulla d’abiurare e nulla di cui pentirsi. Un ulteriore Auto de Fe, nella sede del Papato, si aggiungeva così alla lunga litania di morte che in quel secolo triste avveniva in tante piazze europee. I processi per eresia e stregoneria per opera della Santa Inquisizione erano frequenti. Giordano Bruno con la sua morte ci ha insegnato ad ubbidire solo alla nostra coscienza e ragione; che la Natura è divina e quindi va rispettata ed amata. Amare Dio significa amare la Natura e tutte le sue creature, comprese quelle che sembrano inanimate. La Natura non si ama con le preghiere ma cono slancio umano che Bruno chiama Eroico furore, ricordando il mito di Atteone. Questo pensiero è presente anche nel Poverello d’Assisi ed in tanti movimenti ecologisti e religiosi contemporanei. La Natura è vivente pertanto il processo della creazione continua e l’universo tutto è in divenire. Giordano Bruno non è uno scienziato, ma solo un filosofo profetico; le sue intuizioni sull’Universo, sono andate oltre quello che Copernico Galilei e Newton avevano dimostrato ed in parte reggono a confronto con le conquiste dell’attuale astronomia, fisica quantistica e biologia molecolare.
Bruno Chinè