Gli investitori puntano il mare della Calabria per degli impianti di energia eolica. Perché?
Non posso negare che il mio sangue sia forgiato dagli articoli di Nicola Zitara, idolo dei briganti e dei meridionalisti. Per questo, negli anni siamo sempre stati attenti alla difesa del meridione dai continui attacchi dei volgari abitanti della Padania. In questi giorni, con lo stesso spirito, sto osservando la vicenda che riguarda i Parchi eolici nel mar Jonio calabrese e le due richieste da parte di due multinazionali.
Per molti questo giornale rimane, quello diretto da Nicola Zitara idolo dei briganti e dei meridionalisti. Ed io, non posso negare che il mio sangue non sia dello stesso colore, forgiato anche con gli articoli che Nicola scriveva in redazione e noi trattavamo, come se fosse un quadro di enorme valore finché non veniva pubblicato il giornale. Così, negli anni siamo sempre stati attenti alla difesa del meridione dai continui attacchi dei volgari abitanti della Padania. In questi giorni, con lo stesso spirito, sto osservando la vicenda che riguarda i Parchi eolici nel mar Jonio calabrese, e le due richieste da parte di multinazionali.
Mi riferiscono amici che sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre scorso e del 20 gennaio (sei giorni addietro) le richieste da parte di Repower Renewable spa, con sede a Venezia e di Minervia Vento srl, con sede a Milano, di concessioni demaniali marittime per la realizzazione di parchi eolici offshore. In sintesi, il primo parco eolico prevederebbe 33 aerogeneratori in un’area compresa tra Isola Capo Rizzuto e Monasterace (con una distanza minima di 61,8 km da Isola e 74,8 km da Monasterace), mentre il secondo sarebbe compreso in un’area di due milioni e quindicimila metri quadri nel Golfo di Squillace, indicativamente tra Capo Rizzuto e Catanzaro Lido, lontano tra i 12 e i 30 km dalla costa (43 le pale eoliche complessive).
Chi mi ha dato questa informazione, lo ha fatto perché probabilmente ha ricordato che, qualche anno fa, la Repower tentò una simile operazione a Saline, dove voleva sostituire il mostro dell’ impianto abbandonato in una moderna centrale a carbone, il tutto con offerte di riconversione ambientale dell’area che poi si rivelarono poco attendibili, rispetto alla distruzione che avrebbe portato la centrale. Solo pochi, insieme a noi, si ribellarono, ma per fortuna la battaglia fu vinta e la speranza di un futuro turistico ambientale per questa area è stato salvato, da pochi, ma è stato salvato. Di quella situazione ricordo la forza di questa società multinazionale con sede in Svizzera che in poco tempo riuscì in modo magico ad avere tutti i permessi e le licenze, ma poi facemmo notare che in tutto il mondo dove ci sono centrali a carbone non c’è turismo, perché l’ambiente viene completamente compromesso. Altri tempi, stesse aziende. Certo, oggi, c’è la transizione ecologica che rappresenta una delle più grandi sfide che il nostro Paese abbia mai sostenuto. La missione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dedicata alla rivoluzione verde assorbe oltre il 30% del finanziamento totale del Recovery Fund, per un totale di quasi 60 miliardi di euro. Così per non bocciare subito questi investimenti ho cercato informazioni, ed ho trovato sul corrieredellacalabria.it che “In periodo pre-Covid, nel 2019, la Calabria ha prodotto circa 19 TWh di energia elettrica (Fonte Terna). Di questi, circa 5.4 TWh sono stati prodotti da fonti rinnovabili (12% fotovoltaico, 24% idrica, 24% biomasse, e 40% da eolico), mentre ben 13.6 TWh da fonti fossili.
Se si considera, però, che nel 2019 la Calabria ha registrato un consumo di circa 5 TWh, si può affermare che le fonti rinnovabili hanno ampiamente bilanciato i consumi elettrici dei calabresi, nel 2019”. Ed anche che la Calabria copre abbondantemente il suo fabbisogno, mentre i padani consumano la nostra energia.
Ho trovato anche un documento del laboratorio politico “Primavera per la Calabria” che ripubblichiamo di seguito: “Come laboratorio politico, il nostro appello va a tutti i Sindaci affinché la Calabria e i calabresi diventino protagonisti di questa transizione. È ben noto l’impatto sul paesaggio causato dagli impianti eolici e siamo altrettanto ben consapevoli che la sfida della transizione ecologica vada giocata, ma con il coinvolgimento attivo degli enti locali, delle associazioni, dei cittadini. I calabresi, con l’installazione dei nuovi parchi eolici, andranno a produrre molto di più di quanto consumano e hanno tutto il diritto di pretendere una ricaduta occupazionale e un impatto sociale ed economico tangibile, considerati i sacrifici ambientali e paesaggistici richiesti. Siamo consapevoli che la sfida della transizione energetica dalle fonti fossili a quelle rinnovabili è fondamentale per cercare di frenare il rialzo globale delle temperature. Appare, però, altrettanto importante che il risparmio di Co2 non si trasformi in consumo di altre risorse vitali e che si ponga la giusta attenzione anche alla tutela della biodiversità, il cui depauperamento è un pericolo non meno drammatico dei cambiamenti climatici, salvaguardando le aree a maggior pregio naturalistico e paesaggistico che rappresentano, tra l’altro, un importante elemento di richiamo turistico. Il che non significa porsi ideologicamente in contrasto, ma pretendere il rispetto rigoroso delle norme ambientali e il coinvolgimento della popolazione nella programmazione di tali opere. Chiediamo, quindi, a tutti i Sindaci di creare un tavolo permanente intercomunale sul tema, insieme a imprenditori, associazioni, cittadini. Mai come adesso è di fondamentale importanza fare rete, mettendo da parte campanilismi che si sono rivelati fallimentari. La sfida della transizione ecologica e del Pnrr si affronta mettendo a sistema le forze e le risorse per evitare che queste opportunità di sviluppo regionale vengano buttate al vento”.
A me rimane una domanda, ma perchè le società specializzate puntano il mare per i loro impianti?