Cosa succede se il 3 febbraio non è stato ancora eletto il nuovo Capo dello Stato? I costituzionalisti indicano due ipotesi: la supplenza del Presidente del Senato, oppure la proroga dei poteri di Mattarella.
E cosa succede se il 3 febbraio non è stato ancora eletto il nuovo Capo dello Stato? L’ipotesi, peraltro, in considerazione dei contrasti evidenti e della mancanza di un possibile candidato “comune” non è peregrina e si aprono gli interrogativi degli addetti ai lavori del Quirinale. I costituzionalisti indicano due ipotesi: la supplenza del Presidente del Senato, oppure la proroga dei poteri di Mattarella. L’orientamento prevalente è per una proroga, in tal senso Paladin, Elia, Rescigno mentre altri, seguendo la teoria di Mortati su tutti, la escludono.
A queste tesi negative si ribatte richiamando l’eccezionalità del momento e il precedente della Presidenza Saragat, quando considerato che le votazioni si succedevano senza risultato, fu elaborato un parere per la prorogatio del Presidente Saragat, poi resasi non necessaria per l’elezione di Leone. Il punto di discussione è che la supplenza finora è scattata con le dimissioni del Presidente o per un impedimento ad esercitare le sue funzioni, come accadde per esempio con Segni per i suoi problemi di salute. Non sarebbe questo il caso di una mancata elezione entro il 3 febbraio, mancando un impedimento legato a Mattarella.
Chi decide tra le due possibilità, prorogatio o supplenza? Anche questo è controverso. Verosimilmente sarà il presidente della Repubblica in scadenza ad interpretare la Costituzione ed a decidere, anche coinvolgendo il presidente del Senato. Sono, tuttavia, soluzioni oggettivamente problematiche che si dovrebbero evitare. In questa prospettiva è assolutamente impensabile prospettare proroghe di fatto del Presidente della Repubblica in carica attraverso votazioni deserte o rinvii a lungo termine delle successive votazioni. E, qualora venisse eletto Draghi, chi svolgerebbe le funzioni di capo del Governo? Anche questa ipotesi non è espressamente prevista: la legge 400 del 1988 disciplina solo i casi di assenza o impedimento temporaneo, nei quali non può farsi rientrare le dimissioni o la decadenza dalla carica. Si dovrebbe, quindi, far riferimento ai principi generali, in base ai quali l’organo collegiale, in mancanza del vertice, è presieduto dal componente più anziano; quindi, spetterebbe comunque al Ministro Brunetta assicurare la continuità all’organo. Ovviamente, si aprirebbe in ogni caso una crisi di governo, dagli esiti non facilmente prevedibili”.
Secondo il costituzionalista Marini, “è impossibile”, come avvenuto per le elezioni comunali, una proroga di diritto dell’incarico a presidente della Repubblica, con una legge, in presenza dell’aggravarsi della situazione di emergenza, “perché la durata è prevista a livello costituzionale, dunque non ci sono i tempi per intervenire anche con una riforma costituzionale”. Altra questione pratica riguarda l’impatto tra l’epidemia e l’esercizio del voto.
Il voto di chi è in quarantena si potrebbe agevolare o con una riforma del regolamento parlamentare della Camera per consentire il voto da remoto, attraverso l’approvazione di una norma a maggioranza assoluta, dunque con il consenso generale; oppure, a regolamento vigente, si potrebbero comunque predisporre più urne, anche non necessariamente all’interno dell’emiciclo, con percorsi dedicati e questo potrebbe favorire il voto di tutti. Nella prima ipotesi, il timore è che si possa riuscire a risalire all’autore del voto, ma in realtà esistono sistemi che garantiscono l’anonimato al pari del voto cartaceo; nella seconda c’è il fatto che ad oggi i positivi al covid non possono votare e, dunque, verrebbero alla Camera violando le regole vigenti contro la diffusione del Covid.
Occorrerebbe un decreto-legge che consenta ai parlamentari in quarantena una deroga per poter esprimere il proprio voto, garantendo adeguate misure di sicurezza, il tutto considerando la rilevanza istituzionale di tale voto e anche che storicamente per il presidente della Repubblica hanno votato pressoché tutti i parlamentari, con un tasso di assenza sempre prossimo allo zero. In conclusione, una situazione complessiva, oltre che politicamente, anche costituzionalmente estremamente aggrovigliata.
Carlo Maria Muscolo