Sulla situazione delle diverse baraccopoli nella piana di Gioia Tauro, per intenderci, quelle messe in piedi dopo la squallida performance del Salvini alla presenza di tutte le autorità dello Stato, prefetto Di Bari in testa, vi sono una serie di insediamenti che dovrebbero far vergognare tanta gente.
Caro Pietro, ho appena letto il tuo pezzo su Riviera del 19 dicembre. Inutile riaffermare la piena condivisione. Sulla situazione delle diverse baraccopoli nella piana di Gioia Tauro, ci sarebbe da approfondire ulteriormente.
A parte le due (tendopoli e containeropoli, vergogna nazionale) ufficiali. Per intenderci, quelle messe in piedi dopo la squallida performance del Salvini alla presenza di tutte le autorità dello Stato, prefetto Di Bari in testa, nel “bosco” di Rosarno vi sono una serie di insediamenti, alcuni con poche decine di ospiti, altre con qualche centinaio, che dovrebbero far vergognare tanta gente.
Ci sono stato mercoledì scorso. Su invito degli operatori di Emergecy della sede di Polistena, ci siamo incontrati per valutare possibili cooperazioni tra Emergency e la, di gran lunga più piccola, esperienza di Jimuel, l’associazione della quale ho il privilegio di fare parte. Sono stato accompagnato in una visita guidata su un pulmino di Emergency, e sono rimasto sconvolto al pari di quando misi piede nello Squater “Villa Paraiso” a Paranaque, Manila, Filippine, quindici anni fa. A farmi da guida, a Manila, le Suore della Congregazione delle Ancelle Parrocchiali dello Spirito Santo, a Rosarno Ousmane Thiam, un giovane Senegalese multilingue e coltissimo, che fa da mediatore linguistico per Emergency.
La motivazione per cui ti scrivo però è un’altra, riguarda il prefetto Di Bari, precipitato nel fango di una brutta storia di cronaca nera. Uomo dell’opus dei, il prefetto fa una carriera folgorante caratterizzandosi per scelte ed atti più politici che amministrativi. Una chicca del nostro, è avere concesso, alla formazione politica neofascista, forza nuova, l’autorizzazione a svolgere un proprio lugubre raduno, a Riace nella piazza davanti all’edificio che rappresenta lo Stato in quel Comune, il palazzo municipale.
La vicenda che vede la moglie del prefetto coinvolta in una inchiesta è tuttavia, paradigmatica del nostro paese. Si vede la pagliuzza (l’inchiesta della procura di Foggia) e non si dà conto della trave.
Do per scontato che la Signora Di Bari sia innocente. A meno che un giusto processo e la Corte di Cassazione infine, non affermino il contrario.
Chi non è innocente, ma pienamente colpevole in questa sporca vicenda invece, sono tutti (tutti) gli organi dello Stato, dall’ultimo vigile urbano del comune di Foggia, su su a salire attraverso i gradi delle forze dell’ordine (tutte) le autorità istituzionali (ministro compreso) fino al Presidente della Repubblica.
Per avere visto e taciuto il gigantesco conflitto di interessi che, al di là della inchiesta ed a prescindere da essa, pesava come un immenso macigno sul prefetto in questione.
Egli ha fatto sciogliere il consiglio comunale del quale ho avuto l’onore di fare parte, tra le altre amenità, anche perché un giovane ed onestissimo ingegnere, appassionato di calcio, ha partecipato ad una partita di calcetto in memoria di un suo coetaneo morto per una grave malattia. Il prefetto frequentava assiduamente le funzioni religiose. Mi verrebbe da domandargli in quale di queste funzioni è stato predicato che la umana pietà per i morti, vada selezionata in base alla famiglia di appartenenza del morto. Se un ragazzino, a cui un crudele destino ha rubato la vita, merita, cristianamente, di essere ricordato dai suoi coetanei, solo a secondo del cognome che porta.
È credibile che nessuno, nella filiera degli apparati dello stato, si sia accorto che sarebbe stato “controindicato” che un familiare di un funzionario impegnato nella gestione del fenomeno dell’accoglienza dei migranti, facesse affari (sporchi o puliti poco importa) sempre nello stesso ambito della gestione dei migranti?
Al Procuratore D’Alessio ed al Giudice Accurso, forse bisognerebbe avvertirli che hanno sbagliato processo ed imputati. Il processo che hanno celebrato, sbagliando imputati, non è ad una banda di spregiudicati negrieri che operano nel Salento o in qualche altro luogo dove si lucra sul sangue e sulla carne di esseri umani, ma a Mimmo Lucano ed altre 24 Persone che rappresentano il riscatto etico e morale dell’intero popolo italiano. Il riscatto per le sue colpe passate ed attuali. Delle brutali politiche coloniali dell’epoca fascista e delle politiche contemporanee di supporto alle diverse mafie libiche o di altra regione. Oltre che a quelle di casa nostra, naturalmente.
Sisì Napoli