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venerdì, Ottobre 18, 2024
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Perchè l’autonomia differenziata?

Ma perché l’autonomia differenziata? Certamente è un esoso tributo che la Meloni paga alla Lega e ai territori ricchi, ma non è solo questo. La Meloni è giovane, ma conosce la storia del Sud fatta da lunghi silenzi ed improvvise esplosioni che deve anticipatamente disinnescare. Aveva un solo modo per farlo e l’ha fatto senza scrupoli: dividere il Sud (e l’Italia intera) in tanti piccoli e fragili statarelli in modo che la controparte dei meridionali esasperati siano le Istituzioni regionali e comunali.

Con il referendum del 2 giugno 1946 nasce la Repubblica che poggia su due pilastri: la borghesia e la classe operaia. Due classi che si contendono l’egemonia e che danno all’Italia una serie di riforme che le consentono di diventare uno dei paesi più sviluppati del mondo.

Il Sud resta ai margini. Si fa sentire con le lotte per la terra, ma non incide sulla strategia della borghesia e della classe operaia. Non è un caso che l’articolo 3 della Costituzione resta inattuato.

Gravissima responsabilità…e non di una sola parte.

Ieri il colpo mortale: l’autonomia differenziata.

Le forche caudine sotto cui i meridionali dovranno passare e che segna una sconfitta che potrebbe rivelarsi senza speranza. La dimostrazione che il Sud e le sue classi “dirigenti” non contano proprio nulla.

Contano le Multinazionali.

Conta la ricchezza dei singoli e dei territori.

Le prime contano a tal punto da poter consentire la guida degli USA a Biden o Trump tanto il potere vero sta in altre mani. Più o meno le stesse forze che in Italia, dopo aver puntato su Berlusconi, Renzi, Letta, Monti e  Draghi stanno investendo sulla Meloni a condizione però che adegui l’Italia alle loro esigenze.

Ed è quello che la Meloni sta facendo egregiamente: una  Repubblica fondata nominalmente sul “popolo ” ridotto, però ad un nome che lentamente evapora creando la condensa necessaria per nascondere la vera natura dello Stato, anzi degli Stati nazionali .

Ma perché l’autonomia differenziata?

Certamente è un esoso tributo che la Meloni paga alla Lega e ai territori ricchi, ma non è solo questo. C’è il fatto che le Regioni del Sud estremamente deboli avranno nel Primier eletto dal popolo l’unico valido interlocutore dal momento che il Parlamento sarà più debole e i poteri del presidente della Repubblica limitati.

Domani, però, la rabbia a lungo repressa potrebbe diventare rivolta. La Meloni è giovane, ma conosce la storia del Sud fatta da lunghi silenzi ed improvvise esplosioni che deve anticipatamente disinnescare. Aveva un solo modo per farlo e l’ha fatto senza scrupoli: dividere il Sud (e l’Italia intera) in tanti piccoli e fragili statarelli in modo che la controparte dei meridionali esasperati siano le Istituzioni regionali e comunali.

Così avremo al massimo qualche tumulto ma il pericolo di una rivolta del Sud  è disinnescato.

Il Sud è stato già affidato – e lo sarà sempre di più – ad un ceto politico di scarto subordinato a “Roma” al braccio secolare di alcune procure e alle mafie che-sia chiaro – non sono affatto l’antistato.

Solo per fare un esempio: chi oggi manda la commissione di accesso a San Luca individualmente sarà una persona perbene ma, oggettivamente, appartiene allo stesso blocco di potere che ha creato le condizioni perché San Luca diventasse paese simbolo della mafia.

La commissione parlamentare antimafia che si reca a San Luca e si chiude in caserma senza sentire un solo cittadino del paese (neanche le figure più rappresentative della comunità come potrebbero essere il parroco, l’ultimo sindaco, il medico, il farmacista, la presidente dell’azione cattolica, il barista, i membri della fondazione Corrado Alvaro, i ragazzi della squadra di calcio.) Insomma gli onorevoli commissari non vogliono incontrare proprio nessuno del paese e si comportano come il Dio biblico in procinto di distruggere Sodoma e Gomorra, perché non trova un solo innocente.

Tutti colpevoli o complici. Quindi, i commissari scelgono di impegnarsi tra di loro in un dibattito surreale: Verini (Pd) per esempio, propone di programmare una lista dei commissari antimafia da candidare alle prossime elezioni comunali di San Luca. Salvandola così dai suoi cittadini.

La  presidente della Commissione si scatena  e mette sotto accusa gli amministratori uscenti e passati dimenticando però che negli ultimi venti anni il Comune è stato retto per lo più da commissari antimafia che si sono alternati a commissari prefettizi. Con risultato pari a zero.

Questo è lo “Stato” che si presenta a San Luca e parla di popolo tenendosi ad una abissale distanza da esso.

Dinanzi a tutto ciò, prima del “campo largo”, è necessario creare il fronte degli “esclusi”, degli uomini liberi, dei resistenti ai governi delle banche e delle multinazionali. Un largo fronte che si assuma il compito di liberare lo Stato dalla “caserma” in cui si è rinchiuso per restituirlo

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