In quella data eravamo in redazione, ci è giunta la notizia della dipartita di Totò Delfino, un grande.
Con Totò ho avuto un rapporto basato da subito sulla simpatia e ammirazione, era un personaggio incredibile. La prima volta che lo incontrai fu in redazione, erano i primi anni del giornale, lui suonò alla porta e poi con fare sornione mi disse: “Scusi è il Corriere della sera”? Io non sapevo chi fosse e rimasi insospettito, finché non scoppiò a ridere e si presentò. Dopo un pò arrivò mio padre, con cui erano grandi amici, ed iniziarono un dialogo ad alto volume, visto che tutti e due portavano l’apparecchio Amplifon.
Così dal quel giorno, iniziò la sua collaborazione con la “Riviera”, lui era amico del direttore dell’epoca, Enzino Romeo e anche di Vincenzo Frascà che era stabile in redazione. Uno dei primi pezzi che pubblicammo era “Rocco in frak”, la storia dell’alluvione del 1951 vista da un contadino. Un capolavoro.
Delfino, per chi non lo ha conosciuto, è stato uno dei più noti giornalisti del territorio, figlio di Massaru Peppe, il più famoso e narrato Carabiniere d’Aspromonte, di Platì precisamente, e fratello del generale Delfino. Totò ha collaborato con molte testate nazionali, ed era molto apprezzato dai direttori che vedevano in lui un sicuro punto di riferimento in Calabria e nella Locride. Da Gianni Letta de “Il Tempo” a Montanelli fino a Vittorio Feltri che lo volle anche nell’esperienza di “Libero”. Toto un campione del racconto di giornale da tremila battute scritte con la sua fidata Olivetti. Anche se scriveva con la macchina da scrivere, inviava articoli sempre da tremila battute. Ultimo regalo, il giorno del suo funerale, ho conosciuto un suo caro amico, Paride Leporace, con cui siamo diventati molto amici.
Mi manca Toto Delfino, anche se spesso torna, insieme a Pasquino e ai molti che hanno collaborato con noi, a vivere nella nostra redazione.