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venerdì, Marzo 29, 2024
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Restituiamo dignità ed onore agli innocenti arrestati

La Corte di appello, di Reggio Calabria, ha emesso la sentenza sul processo “Mandamento Jonico”: sono 35 i condannati in appello, almeno il doppio, di cui molti reduci delle patrie galere, gli assolti. Mi piacerebbe, perché giusto e perché degno di una stampa libera che un giorno dinanzi ad una sentenza come quella di cui abbiamo parlato, i giornali pubblicassero in prima pagina le foto degli assolti con un titolo che dica più o meno così: “Restituiamo dignità ed onore agli innocenti arrestati”. Purtroppo, tantissimi innocenti sono finiti in carcere e ciò, oltre ad aver sconvolto la vita di tante famiglie, avrà un altissimo costo per le finanze dello Stato.

 La Corte di appello di Reggio Calabria ha emesso la sentenza sul processo “Mandamento Jonico”. Sono 35 i condannati in appello. Almeno il doppio, di cui molti reduci delle patrie galere, gli assolti.

I giornali ed i telegiornali nazionali che pur avevano dato grande rilievo alla notizia al momento della maxiretata hanno di fatto ignorato la sentenza. Quasi tutti i giornali calabresi, tanto online che in carta stampata, hanno riportato la notizia con grande rilievo pubblicando le foto dei 35 condannati e arrivando alle conclusioni che “l’impianto accusatorio regge”.

Mi piacerebbe, perché giusto e perché degno di una stampa libera che un giorno dinanzi ad una sentenza come quella di cui abbiamo parlato, i giornali pubblicassero in prima pagina le foto degli assolti con un titolo che dica più o meno così: “Restituiamo dignità ed onore agli innocenti arrestati”. La conclusione naturale potrebbe essere: “L’impianto accusatorio non ha retto alla prova processuale. Purtroppo, tantissimi innocenti sono finiti in carcere e ciò oltre ad aver sconvolto la vita di tante famiglie avrà un altissimo costo per le finanze dello Stato. Il caso in questione conferma quanto in Calabria sia scarso il rispetto per lo Stato di diritto e sarebbe bene che su ciò si avviasse una seria e puntuale riflessione.”

Non ho alcun titolo per insegnare agli altri come si fa informazione e so molto bene che i giornalisti bravissimi sono tanti, ma ciò non ci esime dal domandarci perché s’è imposto un modo di pensare ed informare che oggettivamente coincide con il punto di vista del soggetto forte rispetto a quello debole.

Nel caso in questione si tratta del punto di vista di una procura della Repubblica rispetto a quello di un centinaio di innocenti processati o arrestati senza che nessuno venga chiamato a render conto. Tale subalternità, però, non si manifesta solo rispetto all’ ordine giudiziario, ma anche nei confronti degli altri poteri.

Siamo al pensiero unico che pretende di raccontare la Calabria solo nella sua dimensione criminale che c’è, ma non è l’unica.

Rispetto ad un tale pensiero non c’è la capacità di costruirne uno alternativo partendo dalla realtà e dalla verità. Non è stato sempre così: i grandi meridionalisti erano riusciti ad aggregare un vasto fronte sulla questione meridionale, ma ancora nel secolo scorso intellettuali di primissimo piano come Mario Alicata, Rosario Villari  o Mario La Cava, solo per fare qualche esempio, rispetto ad un’operazione di polizia che prese il nome del questore Marzano e che affrontava la situazione calabrese solo come questione di ordine pubblico scrissero pagine di fuoco in difesa dei perseguitati degli arrestati e dei confinati. E non per il nome che portavano per il luogo in cui erano nati, ma perché nessun tribunale li aveva mai processati e condannati.

Gramsci avrebbe detto che si tratta d’una questione di egemonia.

Quello che è certo è che Il “Sud” è subalterno. In questo caso subalterno allo strapotere giudiziario, in altri casi verso altri poteri; per esempio, nel 2015 una tale subalternità ha permesso al governo Renzi di spacciare il cosiddetto masterplan per il Sud per una svolta storica, quando in realtà si trattava solo di un sacco vuoto.

Temo succederà anche per il PNRR.

E solo una tale narrazione della Calabria, che trova grande, ed interessato spazio nelle televisioni nazionali come nei media regionali, potrà far passare l’autonomia differenziata (o meglio la secessione dei ricchi) che in questi giorni cammina sottotraccia senza che il popolo calabrese “faccia le barricate”.

Solitamente il venir meno della stampa libera è un sintomo preoccupante che annuncia il sicuro venir meno della libertà di pensiero e quindi la progressiva affermazione d’un regime. Nel caso di “mandamento Jonico” il regime prende il volto degli innocenti triturati sulla stampa per poi negare loro persino lo spazio per rammendare la dignità perduta. In un futuro prossimo, una tale subalternità potrebbe avere effetti molto più devastanti sulla nostra democrazia e la nostra libertà.

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