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giovedì, Marzo 28, 2024
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Protesta degli agricoltori: il risveglio della Locride

Giuseppe Serranò scrive della protesta degli agricoltori nella Locride, in relazione a ciò che sta avvenendo in tutta Europa e oltre da circa una settimana.

Giuseppe Serranò

Le proteste cominciate in Germania per poi allargarsi in quasi tutta l’Europa sono arrivate in Italia. Tanti gli agricoltori Calabresi che si sono uniti alla lotta.

Il malcontento viene manifestato anche nella Locride dove gli agricoltori, sulla SS106 tra Ardore e Bovalino hanno formato un presidio permanente per sensibilizzare le comunità.

Diverse sono le ragioni che accomunano le proteste, da quelle contro le politiche Ue a quelle contro il governo nazionale ed anche contro le stesse associazioni dei produttori.

Ad ascoltarli ci si rende conto che la vera questione è il “prezzo equo” del prodotto all’origine per poter coprire i costi di produzione, consentire le buone pratiche della coltivazione e garantire un margine di guadagno che possa far sopravvivere gli agricoltori. Un popolo innamorato della loro terra che vive l’attività agricola non come semplice offerta di cibo ma con passione, difende e salvaguarda il territorio, conserva le millenarie tradizioni. Nessuno di loro chiede favori di stato, tutti rivendicano la dignità del lavoro e un equo compenso.

Nel tempo però i governi nazionali hanno risposto alle richieste degli agricoltori con la concessione di elemosine senza mai affrontare la questione alla radice. Se le aziende producono in perdita qualsiasi politica di sostegno che si limita a semplici aiuti allungherà solamente l’agonia.

Un primo importante passo da fare è quello di intervenire sulla redistribuzione per riequilibrare i profitti. Le aziende producono beni che quando arrivano sugli scaffali del supermercato hanno avuto un ricarico medio del 300% rispetto alla miseria pagata al produttore. Questo succede perché fra l’agricoltore e la grande distribuzione c’è in mezzo una lunga filiera (intermediario, grossista) che fa lievitare i prezzi.

Altro necessario intervento è quello sulla lotta alla concorrenza sleale delle multinazionali che commercializzano prodotti che provengono da fuori.

Le nostre aziende sono tenute a garantire standard qualitativi del prodotto e per farlo devono, giustamente, mettere in atto tipi di coltivazione che proteggano la salute dei consumatori ma che, inevitabilmente, hanno costi maggiori.

I Governi però consentono che i prodotti arrivino a prezzi stracciati da Paesi extra europei dove è consentito usare pesticidi e altri prodotti chimici vietati in Italia. E’ pratica usuale (e legale), quella di importare, attraverso la cosiddetta triangolazione, il prodotto dall’estero per poi lavorarlo in Europa, anche in Italia, e metterlo sul mercato senza alcun obbligo di etichettatura che certifichi la reale provenienza e garantisca il consumatore.

Un esempio? Tutti noi compriamo la pasta lavorata nei pastifici italiani che importano il grano dal Canada dove, per essiccare la pianta e accelerare la maturazione, usano uno dei più potenti diserbanti in commercio ma non sono obbligati a indicarne la provenienza del grano sulla confezione.

E la politica?

La politica rimane lontana, litiga, grida e continua a strumentalizzare le proteste in corso invece di mettere in campo tutte le competenze migliori, gente che conosce il settore, per trovare soluzioni praticabili.

Gli agricoltori, pur essendo attori principali di un settore essenziale per l’approvvigionamento di cibo sono abbandonati anche da chi li dovrebbe rappresentare e non lo fa, le loro stesse associazioni.

Comprendere le ragioni del conflitto è dovere di tutti, stare accanto agli agricoltori non vuol dire solamente tutelare i loro legittimi interessi ma proteggere la salute di noialtri consumatori.

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