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giovedì, Aprile 25, 2024
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Pro e contro di avere la pelle bianca

Galileo Violini si sofferma sul concetto di “razza”, sulla folle pratica che ci porta a giudicare un’altra persona in base alla pelle e su cosa voglia dire, al giorno d’oggi, lasciarsi andare a tali comportamenti che, in teoria, dovrebbero essere banditi da ogni dove.

Galileo Violini

Il 22 ottobre del 2021 uno strano caso avvenne negli Stati Uniti, in quel Sud cui noi guardiamo a volte con perplessità, perché in fin dei conti dubitiamo che abbia metabolizzato l’esito della Guerra Civile.

Una signora, bianca, Mary Mac Carthy, perse il fratello e volò in SouthWest da Los Angeles a Denver per il suo funerale.

Aveva con sé sua figlia Moira (biologica, per chi sia interessato al dettaglio) allora decenne. Moira è colored. Fatti loro, penserebbero molti. Ma non una hostess del volo che, in base a indizi vari, tra cui che le due, secondo lei, non parlassero durante il volo, segnalò che era suspicious. Poteva trattarsi di traffico di minori (tratta di bianche evidentemente, non avrebbe descritto la situazione in maniera adeguata). Trascuro i dettagli di ciò che accadde all’arrivo a Denver, dove le due furono fermate dalla polizia, interrogate e finalmente rilasciate.

Una settimana fa la signora Mac Carthy ha denunciato alla Corte distrettuale del Colorado la compagnia e la polizia di Denver, per l’accaduto. Tempi lunghi, direbbe l’onorevole La Russa, ma non è questo il motivo che mi ha suggerito di scrivere queste righe. La denuncia afferma che la segnalazione fosse stata fatta “per nessun altro motivo se non il diverso colore della pelle della figlia rispetto alla sua”. Non c’era alcuna base per credere che la signora MacCarthy stesse trafficando sua figlia e l’unica base per la chiamata del dipendente della Southwest era la convinzione che la figlia della signora MacCarthy non potesse essere sua figlia perché è una bambina “birazziale”.

Da noi non potrebbe succedere. L’art. 3 della Costituzione è chiaro e in Italia non guardiamo il colore della pelle, se non magari negli stadi. Oddio, qualcuno potrebbe pensare che anche a Montecitorio, ma non generalizziamo. Non tutta la maggioranza è beceramente razzista. Un suo autorevole esponente, il sindaco di Arpino, Vittorio Sgarbi, nella sua qualità di presidente del Mart di Rovereto, è stato enfatico nel definire insensata qualunque analisi delle cause di un recente femminicidio in quella città che sottolinei l’origine nigeriana dell’assassino, e passi in sottordine le carenze nei controlli che sarebbero stati necessari da parte delle forze dell’ordine.

Questo mi ha richiamato alla mente tre episodi cui ho assistito in prima persona in un intervallo di tempo di almeno tre anni.

Stazione Tiburtina a Roma. Attendo un autobus per Rende. Una pattuglia della polizia interpella il giovane seduto accanto a me. Richiesta di documenti, dati trasmessi per cellulare, e invito ad aprire la valigia che viene perquisita. Domande sul suo contenuto.

Aeroporto di Fiumicino. Vi sto trascorrendo la notte perché arrivato in tarda serata avrò una coincidenza di prima mattina. Una famiglia pakistana, due adulti, di sesso diverso, un papà e una mamma, onorevole Salvini, e una bambina, è seduta accanto a me. Una pattuglia della polizia chiede loro i documenti, e si reca a un telefono per fare, suppongo, le verifiche di rito.

Stazione Ostiense, pochi giorni fa. Attesa di circa un’ora del treno per Civitavecchia. Accanto a me una famiglia (in questo, come nel caso precedente, il nesso è quello che in inglese si definirebbe un educated guess). Parlano francese. Una pattuglia della polizia chiede loro i documenti, come poco dopo li chiederà a una coppia di giovani cinesi.

Nei tre casi, nonostante fossi accanto, mai mi sono stati richiesti i documenti. Devo avere un viso rassicurante. O forse ho trascurato un particolare? i pakistani avevano la pelle un po’ scura, e quella degli altri (meno i cinesi) come immagina il lettore che fosse?

La signora Mac Carthy parla di un razzismo alla rovescia.

Onorevole Sgarbi, dato per assodato che l’assassino di Rovereto non era controllato, non varrebbe la pena di chiedersi perché?

Meglio mandare i poliziotti nelle stazioni, negli aeroporti a chiedere i documenti. E, naturalmente, essendo pochi, che lo facciano con criteri selettivi.

È sensato? Non so. Non giudico. È razzista? Credo di avere la risposta e che essa mi permetta giudicare.

Tuttavia un’osservazione si impone. I fatti del genere di quelli da me ricordati sono all’ordine del giorno. Quanti ricordano che poco più di un anno fa richiamò l’attenzione il fermo spettacolare, con identificazione, di Bakayoko? In quel caso il giocatore criticò molto civilmente e pacatamente quanto era successo. La Questura di Milano confermò la correttezza del protocollo seguito. Nel commentarlo, scrissi su La Nuova Calabria: “si vada alla Stazione di Milano o quella di Roma e si osservi a chi vengono chiesti e con quali modalità i documenti. Il protocollo è corretto, certo, ma la statistica racconta un’altra storia”.

E continua a raccontarla…

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